Il metodo misto

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Il metodo misto

Pubblicato su Runners & Benessere di Massimo Santucci: il metodo misto

Ci sono allenamenti che concettualmente valgono doppio.

Ciò avviene quando si vanno a cercare condizionamenti di duplice natura. Riportandolo in sigle si potrebbe dire P.A. + R.L. e cioè potenza aerobica + resistenza lattacida. Questi allenamenti ho cominciato a conoscerli con maggior precisione ad inizio degli anni ’80. In quegli anni c’era fermento sul versante della metodologia applicata al miglioramento della cilindrata aerobica e cercavo di indagare sulle metodiche che portavano a vincere i nostri mezzofondisti sulle piste di tutto il mondo. Il sapiente Rondelli svelò in un numero della rivista Jogging dei primissimi anni ’80, che proponeva al suo alfiere Alberto Cova, una prova iniziale di potenza aerobica seguita poi da serie su ripetute medie. Un esempio di questo può essere il seguente: 3000 o 5000 metri al ritmo del record personale sui 10000 metri seguiti da un recupero di 6/8′ + 10×400 metri al ritmo del personale sui 3000 metri con recupero di 1′. Sono allenamenti molto faticosi e senza la forte collaborazione dell’atleta rischiano di non essere portati a termine. Tuttavia sono lavori di sintesi, propri del pre agonistico che mettono in poco tempo in grande condizione di forma. Chi ha la fortuna di avere compagni di allenamento disposti a dividere la fatica o in ogni caso a fare da lepre, sono senz’altro graditi.

Scavando anche negli allenamenti di Polizzi, mentore fra gli altri di Antibo, troviamo densità di queste proposizioni che regalano senza alcun dubbio grande capacità di fare ritmi alti e renderli al tempo stesso resistenti.

Ossigeno e lattato

Dobbiamo fare alcune considerazioni sugli equilibri lattacidi come punto di incontro fra le miscele essenziali per cercare la prestazione.

Il lavoro di potenza aerobica serve ad accrescere la capacità di disporre di ossigeno per fare velocità. È un meccanismo prezioso poiché l’ossigeno non crea praticamente detriti e quindi è un tipo di benzina pulita, ideale da utilizzare. Per ottenere l’incremento della quantità disponibile di ossigeno, bisogna essere bravi nel lavorare ad intensità prossime a quelle di soglia anaerobica. Per fissare le produzioni ideali per accrescere tale soglia, direi che gli accumuli che vanno da 3,5 a 4,5 millimoli di lattato per litro sono quelli ideali per creare tale stimolo.

Parlando invece di resistenza lattacida si affronta un capitolo caro al mezzofondista. Rappresenta una sorta di quinta marcia. Ci permette velocità maggiori, ma l’acido lattico che deriva dal tenere tali intensità, va ad intossicare le fibre deputate al lavoro creando un ambiente muscolare “acido” e quindi fortemente ostile a mantenere nel tempo tali ritmiche.

I riferimenti lattacidi in questo caso si fanno più ampi, poiché la soggettività incide discretamente sulla forbice. In ogni caso è fra i 5 ed i 7 millimoli per litro che si gioca la partita della resistenza al lattato. Unire queste due metodiche costituisce un sistema sicuro per migliorare le velocità di corsa fino alla durata massima di un’ora.

Esempi

Per un atleta che vale 35′ sui 10 km e cioè un ritmo medio di 3’30” al km, questa è una possibile seduta di P.A. + R.L.: riscaldamento + 4 km a 3’25/28″ rec 5′ attivo + 10×300 metri 57″/1′ rec 45″ + fase defaticante.

Un altro esempio per un corridore che vanta un record di 40′ sui 10000 metri è il seguente:

riscaldamento + 5×1000 metri a 3’50” rec 2′ + 10×200 metri in 42/44″ recuperati 10×200 metri in 54/58″ + ultima porzione di corsa defaticante.

Ed ecco un’ultima proposta per un runner che vale 45′ sui 10 km:

riscaldamento + 2×3000 metri in 13’30” rec 1000 metri sia fra i 3000 che dopo + 8×500 metri in 2’/2’05” rec 1′ a lievissima intensità + corsa a defaticare.

Il piramidale

È possibile utilizzare la combinazione fra i due sistemi energetici anche in forma mista.

Ecco subito un esempio inerente alla fase di qualità della seduta:

6×500 metri rec 1′ + 3000 metri rec 2′ + 5×400 metri rec 1′ (oppure di nuovo 6×500 metri a chiudere).

In questa proposizione andiamo a creare un debito lattacido applicando alle prime distanze un ritmo prossimo al massimo consumo d’ossigeno, poi vi corriamo sopra al ritmo di soglia anaerobica e poi torniamo, per completare la sessione, ad un finale di resistenza lattacida. Il tipo di recupero fra le prove può essere qualificato sempre più in relazione al livello dell’atleta.

Si può quindi passare da una fase ove si alterna passo a corsa molto lenta ad una ben più densa di intensità per i corridori di ottimo livello. Sono allenamenti ove occorre una grande sensibilità ai ritmi di corsa, da essa dipende la piena riuscita della seduta.

Modalità

I podisti che non amano il rigido scandire del tempo, possono affidarsi a delle ripetute a tempo piuttosto che a distanze precise.

In pratica si può ricreare una sorta di fartlek con un taglio equivalente alle durate sopra riportate. È possibile lavorare anche con il cuore e cioè determinare le frequenze relative al tipo di sforzo richiesto.

Esempio: 20′ di riscaldamento a 140/150 fc + allunghi + 20′ a 165/170 fc rec 4′ in attività blanda + 8 tratti di 2′ a 175/180 fc recuperati 1′ a bassa intensità + 15′ a defaticare.

Diversificare

Unire sistemi diversi di allenamento nella singola seduta, regala anche un tipo di concentrazione variabile e quindi in genere più gradevole.

Nei periodi di costruzione è meglio sviluppare separatamente le due qualità per prenderne maggiori benefici, ma nei periodi di sintesi miscelare è una buonissima soluzione.

Buone miscele!

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