Le proprietà benefiche della Belladonna

proprietà benefiche della Belladonna

Dentro il proprio kit del pronto soccorso casalingo accanto a cerotti, garze e medicine tradizionali, non dovrebbero mancare i rimedi naturali, che aiutano a curare in modo dolce i disturbi più comuni e guarire in modo più veloce.

Ecco a voi uno di una lunga serie di prodotti disponibili in commercio, la Belladonna.

Il nome scientifico è Atropa belladonna, una pianta erbacea perenne appartenente come il pomodoro e la patata, alla famiglia delle Solanaceae.

La Belladonna cresce spontanea in Europa, Africa settentrionale, Asia media ed occidentale, nelle zone montane e submontane. In Italia la si può trovare nei boschi delle Alpi e degli Appennini dai 400 ai 1500 metri.

La Belladonna è considerata una tra le piante erbacee più tossiche nell’Emisfero orientale in quanto tutte le parti contengono l’alcaloide tropano. La parte più tossica in assoluto, è la radice, anche se la concentrazione di alcaloidi può variare notevolmente da pianta a pianta, seguita dalle bacche, nonostante esse abbiano un sapore dolciastro e gradevole. L’ingestione di una sola bacca può provocare deliri e allucinazioni e il consumo da 2 a 5 bacche può portare alla morte. Le bacche sono simili a grossi mirtilli, nere e lucide, e possono risultare invitanti, è quindi completamente sconsigliabile coltivarne in giardino, perché incauti bambini o animali domestici potrebbero essere spinti ad assaggiarle. Anche le foglie hanno una buona concentrazione di alcaloidi e possono risultare fatali; non a caso a partire dalle foglie essicate viene ricavata una droga denominata atropina.

La Belladonna viene utilizzata in medicina e cosmetica da secoli; prima del Medioevo era comunemente impiegata come anestetico durante le operazioni chirurgiche, e i romani la usavano come un potente veleno proprio per uccidere le mogli di alcuni imperatori. Era inoltre comune bagnare con l’estratto la punta delle frecce da utilizzare per la caccia. Proprio a questi effetti letali si deve il termine Atropa che compone il nome della pianta. Atropa infatti, era una delle tre Moire della mitologia greca che aveva il compito di tagliare “il filo della vita”. Il termine Belladonna, che è il nome comune dato alla pianta, invece deriverebbe dal gergo popolare veneziano del 1500 dall’uso cosmetico che ne facevano le donne del Rinascimento, le quali la utilizzavano per migliorare il colorito del viso e per dilatare le pupille allo scopo di rendere lo sguardo più luminoso ed ammaliante. La belladonna, insieme ad altri estratti erboristici, venne utilizzata dalla regina Vittoria per il primo parto indolore. La pianta è conosciuta anche tra le cosidette “piante delle streghe”ed è da sempre associata a riti satanici.

I frequenti avvelenamenti per ingestione delle bacche, indussero i farmacologi del ‘700 a sperimentare le azioni da essa esercitate. Il primo a studiarne l’effetto prodotto sugli organi fu Berna Albrecht von Haller che dopo aver analizzato gli organi notò come conseguenza patologie a carico del sistema gastroenterico e delle terminazioni nervose, ma non esitò a proporla come rimedio nel Parkinson, seppure a piccole dosi. La spiegazione di questi effetti giunse verso la metà dell’800, quando fu isolata l’alcaloide atropina dalla belladonna.

I principi attivi contenuti nella pianta sono costituiti da tre alcaloidi tropanici: atropina , scopolamina e L-iosciamina.

La atropina o DL-giusciamina funziona come antagonista di alcuni neurotrasmettitori, diminuendo le secrezioni bronchiali, fermando l’azione del nervo vago e modificando il battito cardiaco. In passato veniva usato per dilatare le pupille onde osservare il fondo oculare. Infatti agisce bloccando i recettori dei muscoli dell’occhio. Attualmente è poco utilizzata in questo ambito perché comporta gravi effetti collaterali ed un uso continuativo potrebbe essere causa di cecità. La iosciamina è uno stimolante del sistema nervoso centrale, e la scopolamina è un depressivo del sistema nervoso centrale. Entrambe hanno capacità antispasmodiche.

Un “killer” naturale dalle proprietà benefiche omeopatiche

Vediamo nel dettaglio le proprietà benefiche della Belladonna : le parti della pianta (foglie, radici, semi), se lavorate in giuste dosi, possono essere utilizzate nella cura di diverse malattie.

Sono molto utili nel caso di disturbi del sistema nervoso sia come anestetici che come stimolanti in caso di depressione, insonnia, nevralgie particolarmente intense, ed è eccezionale per alleviare le cefalee. Ottimi sono gli effetti nel caso in cui si soffra di ciclo mestruale irregolare o doloroso. Per i disturbi dell’apparato respiratorio nei casi di gola irritata e secca, ma anche in presenza di deglutizione difficile e di tosse e per curare le infiammazioni che interessano le orecchie, come le otiti. Il rimedio, è consigliato anche per chi ha la tendenza a raffreddarsi facilmente, nei casi di raffreddore, influenza e rinite allergica. Indicato nei casi di problemi alla pelle come eczema, acne, foruncoli, che fanno la loro comparsa con rapido gonfiore, bruciore, rossore e dolore battente. E’ utile anche contro l’eritema solare. Il rimedio omeopatico, è efficace nei casi di dolori, articolari causati dall’umidità e ai denti con gengive gonfie, rosse e sanguinanti e nella sindrome gastro-intestinali, per curare la gastrite e l’ulcera gastroduodenale, coliti con coliche accompagnate da stitichezza e gonfiore addominale.

Dosaggio

Per quanto riguarda il dosaggio, si consiglia in tutti i casi, una diluizione 4CH, 3 granuli o 5 gocce da 3 a 6 volte al giorno in base alle necessità. Per alleviare certe patologie, si consiglia di associarlo anche ad altre piante, come per la rinite allergia il rimedio può essere associato a Sambucus e Kalium bichromicum, se la febbre è accompagnata da indolenzimento e dolore muscolare può essere associato ad Arnica. In caso di tosse stizzosa risulta utile l’associazione con Drosera.

Dato l’effetto paralizzante determinato dai suoi principi attivi in essa contenuti, l’estrema diluizione a cui il rimedio omeopatico è sottoposto, ne garantisce l’assoluta sicurezza. Il rimedio omeopatico di Belladonna, viene infatti ottenuto dalle diluizioni, intervallate dalle dinamizzazioni, della tintura madre dell’intera pianta quando inizia a fiorire nel mese di giugno, ed è adatto per tutti quei problemi in cui c’è una forte stimolazione del sistema nervoso.

Interazioni

Numerose sono le interazioni farmacologiche a cui si può andare incontro. Possono verificarsi effetti di sommazione o di antagonismo con: antidepressivi, farmaci antiparkinsoniani, antiglaucomatosi, antiaritmici, antispastici, anticolinergici, antistaminici, neurolettici.

Sintomi in caso di avvelenamento

L’avvelenamento di belladonna avviene solo in caso di ingestione delle bacche o altre parti della pianta e non nel caso di prodotti opportunamente venduti diluiti. I possibili effetti collaterali che possono avvenire comprendono stati di allucinazione (l’hanno infatti resa interessante anche come droga), pupille dilatate, estrema sensibilità alla luce, vista annebbiata, tachicardia, perdita di equilibrio, mal di testa, sete, vomito, bocca secca, difficoltà e rallentamento nel parlare, allucinazioni, delirio e convulsioni. Nei casi più gravi si può giungere fino alla morte. Ad ogni modo l’atropina non è contenuta solo in questa pianta, ma più in generale in tutte le solanacee, più in particolare nella Datura stramonio, nelle patate (foglie e tubero non cotto), pomodori (nelle parti verdi).

Gli antidoti migliori per questo avvelenamento sono la pilocarpina e la fisostigmina. Ad ogni modo è sempre importante rivolgersi il prima possibile ad un pronto soccorso e telefonare ad un centro antiveleni.

Dott. Luciana Serpe

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