Allenare: progetti, sogni, riflessioni.


01/01/08 Una corsa di primo mattino ad inizio anno. Nascono spontanee riflessioni e progetti per il futuro. Rivivo il vecchio anno e cerco gli errori e le intuizioni vincenti. Lo analizzo e mi pongo domande. Butto il superfluo e mi tengo gelosamente quello che mi ha arricchito.

Corsa di Capodanno

Alle 7.30 è cominciato l’anno di corsa. Splendida mattinata di sole ma strade ghiacciate. La pineta di Viareggio era resa completamente bianca dallo strato di ghiaccio che ricopriva i viottoli sterrati e le piante. La visione era incantevole, immergersi dentro i pini colorati di bianco è stato suggestivo.

I laghetti all’interno presentavano una lastra di ghiaccio e dai ponticelli di legno si godeva uno spettacolo magnifico. Non ero solo; i primi podisti hanno cominciato ad animare la pineta e in qualche modo a riscaldarla.

Alcuni di loro erano irriconoscibili, completamente coperti. Cappellini, guanti, accessori, tutto andava bene per mitigare un po’ la temperatura cruda.

Stamani i pensieri inevitabilmente “correvano” per tutti i podisti ai progetti sul nuovo anno. Chi ha già scelto la maratona da correre in primavera, chi invece ha altre ambizioni.

Più che pensare a quello che sarà il nuovo anno, a me piace però analizzare l’anno passato. Ricordare cosa chiedevo, sovrapporre poi i risultati e fare un bilancio obiettivo.

Ripasso mentalmente i piani d’allenamento di ciascun atleta e guardo se siano cresciuti e ragiono se è possibile incrementare i carichi, oppure modificarli. In alcuni casi vedo che la qualità è quella che andrà maggiormente curata, in altri che ci saranno da richiamare determinati aspetti trascurati a causa degli obiettivi che ci eravamo prefissi. Dico “eravamo”, perché mi sento partecipe del progetto, nei successi, ma ancor più nelle sconfitte. L’atleta non deve sentirsi solo; bisogna scambiarci passioni, esperienze e vita sul campo.

Ogni anno non va lasciato cadere nel nulla. Ogni anno mi deve arricchire, tutto quello che è successo deve tradursi in esperienza ed in risultati. È grazie a tutti gli atleti che seguo, che posso avere ogni anno centinaia di dati in più da studiare, da analizzare nei suoi più piccoli aspetti.

Vedere le progressioni nei personali o aver preparato alcuni a terminare una maratona senza grandi sofferenze è motivo di soddisfazione. Mi piace chiedere all’atleta cosa è andato e cosa no, indipendentemente dai risultati concreti. Le sue sensazioni devono essere travasate verso di me: devo capire, devo conoscere.

La somma delle nozioni costituisce un patrimonio enorme. Chi più sa, meno sbaglia. La perfezione di certo non esiste, ma riuscire a capire perché qualcosa non è andato metterà in guardia per la volta successiva. Errori ne verranno ancora, ma diverranno sempre meno frequenti.

Ci vuole fiducia, franchezza. Parlare e sapersi confrontare è l’arma vincente nello sport, come credo nella vita. Interagire, collaborare, essere uniti. Questo mi piace, ma sempre nel rispetto dei ruoli.

Il rispetto e la fiducia dev’essere alla base dei rapporti. Venendo meno questi aspetti, diviene difficile poter costruire qualcosa di valido.

Allenare significa entrare dentro e toccare i delicati meccanismi che regolano le funzioni del corpo. L’atleta deve aprirsi e rendere così possibile al suo allenatore di metterlo nella condizione di esprimersi al massimo del proprio valore.

Ogni giorno si cambia a livello interiore; capire le evoluzioni è la carta vincente del bravo tecnico. L’atleta maturo riesce sempre ad esporre al suo allenatore tutto ciò che avverte nel corpo e nella testa.

Mi affascina lo studio del corpo nelle sue massime espressioni di lavoro, ma ancor di più la motivazione che nasce spontanea durante le corse d’allenamento. La gara è semplicemente la trasposizione di ciò che è avvenuto prima.

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