La gazzetta di Clara ep. 32
Accettare il processo. Capitolo 3/3
Oggi ho tagliato un traguardo. Oggi ho calibrato perfettamente le mie forze facendo una gara con il sorriso e sentendo di riuscire a correre in progressione. Intorno a me c’erano una foresta gelata e tanti podisti. Superavo, venivo superata, seguivo e venivo seguita. Il percorso era di dieci chilometri, contava circa 250 metri di dislivello e presentava diversi cambi di direzione. Tutto ciò faceva sì che fosse difficile trovare una persona che avesse esattamente il tuo passo. Ciononostante non mi sono mai trovata da sola.
Oggi ho tagliato il traguardo soddisfatta, stanca e sicura di aver fatto quello che la settimana passata e la giornata stessa mi permettevano.
Oggi ho tagliato il traguardo come terza donna assoluta.
Aspettando di essere chiamata alla premiazione una ragazza mi avvicina e mi chiede: “Come stai? È da tanto che non corri più i tempi di una volta”. Questa domanda non mi è stata posta oggi per la prima volta; eppure, provoca in me ancora gelo, stupore e infine tristezza.
Guardo la mia giovane interlocutrice che evidentemente non ha molta esperienza e provo a farle un breve riassunto dell’anno appena trascorso, ma dopo poco mi rendo conto di parlare al vento: le situazioni che ho vissuto, le decisioni che ho preso, gli episodi che mi hanno condizionato emotivamente sono molteplici e difficilmente sintetizzabili in poche parole. Se non le vivi non le capisci o le dimentichi dopo due secondi. Dopo poco mi fermo e le faccio presente che ormai è da inizio 2020 che non corro più un personale cronometrico. Allo stesso tempo ora corro e vivo più serena e per me oggi ho realizzato un primato personale: il mio personale cronometrico giornaliero. Con tutta sincerità aggiungo di aver fatto una gara con la testa e con il cuore che mi rende felice senza ascoltare ciò che mi dice il cronometro. Davanti a me avevo una ragazza molto ambiziosa, disciplinata e che pensa tanto.
Purtroppo, il nostro discorso è stato interrotto e io non sono riuscita ad esprimere con maggior enfasi il pensiero presente nella mia testa per la durata di tutto questo dialogo: “Ascoltare il corpo, ascoltare il cuore”.
Rimango anche io una persona competitiva, non lo nego. Cerco al tempo stesso di essere più sincera con me stessa circa le energie che ho a disposizione e che posso esprimere in gara. È possibile dare il proprio massimo concentrandosi sull’azione in sé senza paragonarsi costantemente ed ambire a tutti i costi a sconfiggere un tempo o una persona? Che conseguenze hanno queste due diverse modalità sul nostro stato d’animo e sulla nostra prestazione?
Questo interrogativo rimbalza nella mia testa da un po’ di tempo e mi piacerebbe confrontarmi sull’argomento con atleti che hanno storie paragonabili alla mia per conoscere le diverse esperienze e capire i diversi modi di affrontare le gare ed accettare con serenità il loro responso.
Clara
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