Gennaio, programmare per vincere

Maratona di Torino 2018

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Gennaio, programmare per vincere

 di  Massimo Santucci

Inverno stagione top per il runner

Siamo nel pieno dell’inverno ed il corridore deve fare i conti con le difficoltà che il periodo presenta. Tuttavia se il runner conosce le contromisure, la stagione fredda può diventare addirittura alleata per il corridore che si dedica alle distanze resistenti.

Il dispendio energetico è minimo e si possono macinare km a basso consumo. Bisogna fare attenzione a forzare solo quando si è ben caldi e non fare fasi di recupero in cui si sta fermi a lungo. Per questa ragione sono da preferire recuperi in corsa nei frazionati ed utilizzare spesso la metodica dei fartlek tagliati in varia misura. Quando i recuperi devono essere pieni, è da preferire alternare al passo la corsa ad intensità minima per non far freddare la temperatura del muscolo. Ci sono mille accorgimenti e l’atleta esperto sa come modulare al meglio tutte le fasi fino a far diventare l’inverno una piccola miniera d’oro per le stagioni a venire.

Gennaio rappresenta anche un momento di ripartenza, dove viene naturale e conveniente saper programmare. Facciamo a riguardo alcune considerazioni.

Gennaio, è il momento di pianificare
Arriva il nuovo anno ed inevitabilmente la fantasia vola su nuovi obiettivi da inseguire (e raggiungere!). La stagione atletica, almeno un tempo, partiva dal dopo estate con il concetto della periodizzazione, ma adesso non esistono più rigidità programmatiche, soprattutto per il corridore non professionista. A correre ci si diverte ed in gara ancora di più.

Per questo motivo assistiamo a calendari sempre più ricchi di inserimenti agonistici ed il tecnico, nel caso lo si abbia, è sempre impegnato ad arginare un’attività che rischia la deriva verso la qualità più sfrenata.

Dicevamo Gennaio, mese in cui si pensa, si sogna, si stilano programmi, si procede a fare iscrizioni.

Bisogna avere la mente lucida e saper scindere l’emozione dalla effettiva bontà delle scelte.

Non è certo la sola densità di eventi a poter mandare in fumo gli obiettivi, ma soprattutto la tipologia di gare e l’ordine cronologico quando non ci sono sapienti scelte.
Il vecchio incedere che recitava come ingresso annuale il prendere parte alle campestri o alle indoor per poi spostarsi sulla strada con medie distanze fino a sfociare in pista o gare brevi, è adesso un modello in disuso.

In autunno ed inverno praticamente ogni podista partecipa a delle mezze maratone, in buona percentuale toccando anche la distanza maratona.

In quelle stagioni, anche chi corre le campestri, non disdegna la partecipazione a gare su strada sulle distanze di 10/18 km comprese quelle con percorsi collinari.

Ci sono poi i trail ad allettare i corridori, che anche in inverno si fanno via via sempre più numerosi.

A favorire il desiderio ci sono anche  i percorsi disegnati con altimetrie accattivanti.
Potremmo dire che il calendario podistico ha oramai proposte universali, presenta quasi sempre un po’ di tutto e quindi se non si fanno scelte, rischiamo di essere sempre “sul pezzo”, senza creare quella utile rotazione di carico e di distanza/tracciato.

 

Un appetito da saziare con intelligenza
Ad inizio anno siamo quindi chiamati a programmare, se non lo si fa, rischiamo di venire travolti dal vortice del desiderio. Oramai nel calendario globale c’è sempre qualcosa che merita la pena di correre, magari di passaggio, “senza tirarla”, come dice il podista, ma così poi difficilmente accade.
Logorare il motore vuol dire far decadere le prestazioni, aumentare la ciclicità degli infortuni e provocarne di natura seria. Non voglio essere pessimista, solo trasmettere il principio della misura. Si possono inserire anche trenta gare in un’annata ed avere una grandissima efficienza, ma ciò deve prevedere la giusta rotazione agonistica e dei macrocicli preparatori.

Nelle programmazioni mal strutturate si arriva alla decadenza del rendimento atletico e/o a frequenti stop anche in presenza di scarsa densità di competizioni.
Se pur la resa atletica sia il sunto di tanti stimoli che devono confluire in una direzione e quindi viene richiesta una vasta complessità per arrivare a rendere al meglio, non è difficile creare ottime condizioni di forma.

In atletica è semplicemente il corpo che deve migliorare i suoi parametri, l’aspetto tecnico è importante, ma non quanto in altri sport dove anche l’abilità o l’uso di un attrezzo concorrono in misura sostanziale al raggiungimento dei propri traguardi.
Come tracciare
E’ opinione diffusa, in campo tecnico, che sia una buona abitudine scegliere ad inizio anno gli obiettivi primari.

A seguito di ciò si dividono i periodi dell’anno in macrocicli ed in cicli minori.

Si passa poi a decidere di quante settimane devono essere lunghi i vari step e con quale frequenza debbono essere immessi determinati stimoli.

Da non dimenticare gli allenamenti pilota che devono mantenere accese alcune qualità anche nei periodi dove stiamo pensando ad altro. Non bisogna mai distruggere la nostra natura e quello che abbiamo costruito nelle annate precedenti. Il corridore è una continua evoluzione di valori e di fasce sensibili.

Nei soggetti monitorati da allenatori e fisiologi, si evidenzia come la natura abbia codici fissi ed altri variabili. Tuttavia non possono essere fissati con certezza scientifica questi sottili meccanismi. Per questo motivo, ogni anno bisogna rielaborare quanto valutato 12 mesi prima.

Questo avviene in base ai risultati ottenuti ed al livello di adattamento ottenuto sulle varie capacità.
Allenare il corpo è un qualcosa di meraviglioso perché abbiamo a che fare con un elemento unico ed irripetibile in natura.

La sfera organica ed emozionale di ognuno di noi è decifrabile per una parte, sta all’atleta ed all’ascolto di sé arrivare a comprendere i segnali che arrivano dal lavoro dell’organismo.

Inoltre sta all’allenatore vedere quanto la composizione dei macrocicli regali adattamento e capacità di risposta.

In base all’ascolto dell’atleta ed all’elaborazione dei dati che scaturiscono dagli allenamenti e dalle gare, il tecnico fa le valutazioni che portano alla stesura del nuovo diario di bordo per la futura annata.

C’è tuttavia, come sopra menzionato, un risvolto intimo che regala sale o ruggine.

Ciò porta al raggiungimento dei sogni od a profonde delusioni.

Fare atletica, fare sport, significa mettersi in gioco.

Non raggiungere quanto previsto non è mai una sconfitta se il percorso per arrivare ad esso è stato inebriante.

L’atleta che si rispetta riesce a capirsi e quando si ascolta non perde mai, può solo vincere un po’ meno.

pubblicato sulla rivista Runners & Benessere.

 

 

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