Il sorriso di George

la gazzetta di clara

La gazzetta di Clara ep. 20

Trilogia romana. Il sorriso di George

Su consiglio di Antonio, avevo individuato il campo delle Terme di Caracalla per fare l’allenamento della domenica mattina. Arrivai alla pista alle 8:00. I cancelli chiusi mi fecero venire un nodo allo stomaco. Cominciai a sbirciare tra le grate del cancello fino ad individuare un cartello con scritto: “Domenica apertura alle 9”.
“Sollievo o disperazione?”
Almeno sapevo che non sarei dovuta andare dall’altra parte della città. Bastava pazientare per poco.
Trascorsi una decina di minuti di attesa venni però sorpresa da una persona che arrivò in macchina e che uscì in tenuta da podista.
“Sei il custode?” Chiesi sfacciata
“No, lui arriva per le 8:30. Io arrivo sempre un po’ prima e inizio a scaldarmi fuori dalla pista”. Mi disse.
“Posso lasciare il mio zaino nella tua macchina?” Replicai senza pensarci due volte.
Essendo stata già abbastanza sfacciata non osai di chiedere di fare anche il riscaldamento insieme e ognuno prese la propria strada.

Poco dopo pensai: “Meno male che mia madre mi ha insegnato fin da piccola a diffidare degli sconosciuti!”. Un secondo pensiero subentrò: “Quest’uomo non si può definire sconosciuto. Era in canotta, pantaloncini e scarpe da ginnastica. Come lui ne incontro tutti i giorni: Tutti diversi, tutti simili”.

Il sorriso di George - allenamento in pista

Dopo venti minuti, come stabilito, ero dalla macchina per prendere lo zaino. In quel momento arrivò il custode e ognuno di noi iniziò il proprio allenamento. Una volta che questo era terminato, mi accorsi che anche lui aveva finito la sua sessione. Ancora una volta mi feci avanti: “Mi posso unire a te per il defaticamento?”. Mi sorrise e dopo un attimo avevamo già cominciato a correre insieme.
Finalmente mi presentai come si deve: “Piacere, sono Clara”. “Ciao Clara, io sono George”. 

Parlando scoprimmo un altro grande punto in comune: George è francese e adesso vive a Roma, io, italiana, vivo a Francoforte. Questa notizia mi scosse e rese felice. Trovo sempre incoraggiante e rincuorante sapere di non essere l’unica ad aver intrapreso un percorso simile: tanto bello quanto talvolta difficile. Entrambe, quindi, viviamo e corriamo in un paese che non parla la nostra lingua natale, ma il linguaggio dello sport – e della corsa in particolare – è universale e unisce le persone al di là di origini, cultura e luoghi di provenienza.

Leggi la seconda parte della trilogia “Amicizie “di corsa”

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