
La gazzetta di Clara ep.1
Ciao,
ti è mai capitato?
In fretta e furia ti vesti, ti allacci le scarpe, esci di casa e improvvisamente ti fermi. Ti blocchi e alzi la mano. Guardi a destra, a sinistra e in alto. Ti assicuri di essere in un luogo aperto. Se non l’hai mai fatto magari ti è già capitato di vedere una persona compiere questi gesti unici che richiamano attenzione. Sul polso di quel braccio teso in aria c’è un oggetto, che per un runner non è una cosa qualsiasi. Si chiama Garmin, Coros, Polar, Suunto, Sigma, Apple Watch etc. o più generalmente orologio da corsa. D’altronde la sua funzione principale non è quella di dirci l’ora del giorno. Ma quindi cosa fa esattamente? Accompagna la nostra corsa, la condiziona o addirittura la determina? Oggi parlo di loro, di questi oggetti che ci modellano, ci influenzano e ci fanno pensare già prima di iniziare a correre. La sera o qualche ora prima dell’allenamento consultiamo il nostro orologio da corsa e controlliamo il suo livello di batteria.
Guardalo.
Il runner è per strada ed è pronto a correre, effervescente e scalpitante. Prima di partire aspetta che il suo orologio abbia ottenuto il segnale gps (global positioning system). Se l’attesa si protrae più di pochi secondi, diventa anche nervoso. Questo oggetto influenza quindi eventualmente il suo stato d’animo. La propulsione del runner verso il movimento e il suo impedimento dovuto dalla ricerca di segnale scatenano comportamenti differenti. C’è chi nel momento dell’attesa rende la scena ancora più variopinta iniziando a fare esercizi di attivazione muscolare non perdendo d’occhio il polso. Bip Bip e un sorriso si accende sul volto del runner. Finalmente può. Finalmente è giunta l’ora. Un altro allenamento sarà registrato, misurato ed eventualmente condiviso.
Non passano neanche 800 m e viene annunciata una perdita di segnale. I pensieri del runner si focalizzano sulla situazione. Questo si sente al centro di un teatro greco, rassegnato, condannato e giustiziato. Poi, in un barlume di lucidità si accorge di essere arrabbiato e che la sua muscolatura si è irrigidita. Allora ci prova e alla fine si dice: “Va bene così, lui è un oggetto e io sono l’essere umano. Io so cosa sto facendo e che sto facendo la cosa giusta per me. Va tutto bene”. E così, il runner, riprende a correre tranquillo e sereno, perché le sensazioni, il rumore del cuore e del proprio respiro sono più forti di qualsiasi elemento creato dall’uomo e dalla sua industria.
Anche questa volta è il pensiero che l’ha cambiato, che ti ha cambiato, che ti ha permesso di rimanere libero e sereno.
Alla prossima,
Clara
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