
10 domande a Elena Vallortigara
La scheda:
È nata a Schio (Vicenza) il 21 settembre 1991. Altezza 1.84 – Peso 66 kg
Specialità: Salto in alto
Società: Carabinieri Bologna
Allenatore: Stefano Giardi
Vanta numerosi titoli italiani. Ha preso parte a vari Campionati Europei, Mondiali ed ai Giochi Olimpici del 2021. Nel 2022 ha conquistato il bronzo ai Mondiali di Eugene con la misura di 2 metri. Nel 2018 al meeting di Londra ha saltato 2.02, seconda italiana di sempre ponendosi fra Antonietta Di Martino (2.03) e Sara Simeoni (2.01).
Ringraziamo il Comando Generale dell’Arma dei Carabinieri per aver autorizzato l’Appuntato Elena Vallortigara a rilasciare l’intervista.

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Qual è stato il migliore allenamento della tua carriera?
Non saprei individuarne uno perché i miei allenamenti sono talmente vari che è anche difficile metterli a confronto. Tra i migliori comunque penso a quelli in cui sono riuscita ad andare oltre i miei limiti, intesi come aspetti su cui sono carente, paure o in cui ho migliorato un mio record, soprattutto in pedana.
Nell’ultimo anno ricordo l’ultima tecnica prima dei mondiali a Eugene: lì ho avuto conferma di stare davvero bene e mi ha dato sicurezza e ancora più motivazione per affrontare la gara. -
E quello più duro che hai fatto?
Gli allenamenti più duri sono sicuramente quelli durante la preparazione invernale, in particolare ne ricordo uno durato quattro ore con pochissime pause e basato principalmente sulla corsa (salite e traino in particolare). -
La componente mentale incide tanto anche in allenamento?
Assolutamente sì. Allenarsi con consapevolezza permette non solo di migliorare le prestazioni ma anche di prevenire infortuni e imparare quanto più possibile mentre si è in campo, sia per quanto riguarda aspetti tecnici che più personali. Allenarsi senza metterci la testa impoverisce l’allenamento stesso, per me è tempo sprecato. -
Che tipo di allenamento preferisci?
Nel tempo sono cambiate le mie preferenze in allenamento, una volta i miei preferiti erano balzi e ostacoli, ora sono comunque felice di farli ma sono anche molto più invasivi fisicamente rispetto a quando ero più giovane, quindi c’è sempre da fare i conti col giorno dopo. Mi piacciono gli allenamenti di forza e, rispetto ad un tempo, saltare mi piace molto di più. -
Ti piace di più allenarti da sola o in gruppo?
Negli ultimi dieci anni mi sono allenata più da sola che in gruppo e anche potendo scegliere lo preferisco.
Il gruppo può essere da stimolo per gli allenamenti più duri e osservare altri atleti è sempre utile per me, ma in generale preferisco essere da sola perché posso concentrarmi su di me, rimanere focalizzata sul mio lavoro senza distrazioni o tempi troppo lunghi tra gli esercizi. Anche fuori dal campo sono una persona piuttosto solitaria. Quando sono in gruppo comunque apprezzo l’atmosfera più rilassata, serve a creare scenari diversi che sono utili poi per affrontare tutte le situazioni che si presentano nel corso della stagione. -
Qual è stata la tua miglior gara?
Anche a questa domanda, come a quella del miglior allenamento, è difficile rispondere. Per motivi diversi potrei parlare di varie gare. Le migliori probabilmente rimangono Londra nel 2018 quando ho saltato 2.02 e il bronzo ai Mondiali di Eugene, per qualità, intensità ed emozioni vissute.
(foto Colombo_FIDAL) -
Quella che ti ha regalato maggiori emozioni?
Come detto prima, la gara di Londra e quella di Eugene sono state le più intense: ero nel cosiddetto “flow”, in quel momento esistevo solo io in pedana, tutto ciò che mi circondava era come ovattato. A fine gara, quando la tensione svanisce e si torna nella realtà, ho realizzato quanto avevo fatto: a Londra un risultato storico, un 2.02 tra Antonietta e Sara, a Eugene finalmente la medaglia che tanto avevo sognato.
Su un altro piano ma che mi ha regalato tante emozioni è stata anche la gara a Siena del 25 aprile 2018, quando ho saltato 1.94 e che ha rappresentato la mia rinascita. Sarebbe troppo lungo raccontare cosa c’è dietro a quel risultato, ma la mia incredulità nel momento in cui ho visto l’asticella ancora sui ritti la ricorderò per sempre. -
Un aneddoto relativo ad una gara?
Nel 2018 grazie ai miei risultati sempre crescenti ricevevo spessissimo inviti a meeting. È capitato più volte che alla fine di una gara scoprissi di avere l’opportunità di gareggiare pochi giorni dopo e, guidata dall’entusiasmo del momento, non ho quasi mai rifiutato. Preparandomi per una di queste gare last minute, mi ero dimenticata che è fondamentale avere sempre l’essenziale per gareggiare nel bagaglio a mano, quando si viaggia in aereo. Poco prima della partenza comunicano che c’era stato un problema con i bagagli e alcuni non erano stati caricati: tra questi ovviamente il mio con chiodate e completino dentro.
Il finale felice è che non mi sono fatta prendere dal panico ma ho trovato soluzioni (grazie al supporto incredibile dell’organizzazione del meeting): mi hanno regalato dei vestiti e hanno trovato un ragazzo con il mio numero che poteva prestarmi le sue scarpe. Nonostante fosse un modello parecchio datato e mi fossi chiesta come avrei fatto a saltarci, ho concluso quarta con 1.91. Questa esperienza mi ha insegnato tantissimo: prima di tutto a portare SEMPRE l’essenziale con me, ma anche che ci sono sempre delle soluzioni ai problemi e ciò che fa la differenza è l’atteggiamento con cui si affrontano. -
Se ti ricordi dei sogni che fai ce ne racconti uno relativo all’atletica?
Sono principalmente due i sogni che faccio relativi all’atletica: uno bello e uno brutto! In quello bello sto gareggiando e ho la percezione vivida di raggiungere il mio obiettivo, una medaglia o un record. In quello brutto sono in ritardo per una gara, dimentico le chiodate in camera, perdo il bus per andare al campo, cerco in tutti i modi di salvare la giornata anche facendo intervenire il mio allenatore per portarmi le scarpe, ma non riesco comunque ad arrivare in tempo e sono costretta a guardare la gara dalle tribune. -
Cosa ti regala fare atletica?
L’atletica (lo sport in generale) per me è la scuola di vita per eccellenza. Ho fatto tantissime esperienze nei miei 23 anni di carriera, tanto che spesso mi sembra di aver vissuto più vite! Le emozioni, i successi, i legami, ma anche le difficoltà, la pressione, i sacrifici..tutto ciò che dà lo sport è un privilegio. Non regala niente ma la gioia di un successo, quando arriva, non ha paragoni.
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