Trail degli Sciamani, il racconto di Sara

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Trail degli Sciamani, il racconto di Sara

Partenza ore 12:30 circa da Lucca, dopo aver lavorato e mangiato un piatto di pasta al volo, son già stanca dalla notte brava passata a bere e ballare con la combriccola del blasco.

Per arrivare a Fregona impieghiamo 4h30′ circa, andiamo a mangiare un bel gelato, dove i paesani ci dicono che il percorso è veloce ed il primo uomo lo scorso anno ci ha messo 7 ore, a me dicono me ne serviranno 14 o 15.

Passiamo a ritirare il pettorale e poi andiamo a cercare il beb di Max ed Emma; passando da un centro storico carinissimo: Serravalle.

Scrocco una doccia, anche se siamo lontani da casa, c’è un caldo umido infernale.

Andiamo a cena e da vera atleta mi mangio un galletto arrosto con patate e una bella weizen, tanto per riaddocciare la sbornia di ieri sera.

Dopo cena andiamo subito vicino la partenza dove tiro giù il sedile e provo invano, a dormire.

Alle 22 il briefing, c’è una bella luna piena pallida, ma in lontananza lampeggia; ci avvertono che in vetta piove già.

Alle 23 la spunta e lo start da sotto il campanile, breve tratto in paese, piccola discesa e subito 10km di salita passando da un vigneto, le grotte illuminate, stupende, dove ci impongono di camminare lentamente, e poi bosco.

Dopo circa 1 ora dalla partenza troviamo l’acqua, dapprima gradevole ma ben presto ci coglie il freddo e ci fermiamo tutti a vestirci; rimpiango i pantaloni lunghi del materiale obbligatorio, che al controllo ci hanno suggerito di non portare visto il caldo torrido.

In alcuni tratti fuori dal bosco ho avuto paura dei fulmini, bellissimi con le loro radici brillanti, illuminavano a giorno un cielo nero di pece, ma cadevano troppo vicini.

Dopo i primi 10km di salita con 1000d+; 25km su e giù per monti e boschi in una fantasia continua in cui ho perso prima una e poi l’altra scarpa, un puntale di un bastoncino e dove son caduta battendo la schiena su una roccia e rimanendo a terra qualche secondo senza riuscire a respirare.

In qualche modo son riuscita ad alzarmi, a parte qualche escoriazione, sembrerebbe niente di rotto; ma da adesso concentrazione totale su ogni appoggio cercando di evitare il più possibile le pietre e puntellandomi anche in discesa, con i bastoncini.

Guardando a terra ho saltato un bivio facendo 500mt in più ma rendendomi subito conto, perché la segnaletica era impeccabile; ho perso diverse posizioni ma visto com’è partita è bene stare buone!

Mi ritrovo x diverse ore da sola nel bosco e mi torna in mente la domanda di oggi di una signora: “ma non hai paura da sola, di notte, nel bosco? Io avrei paura!” ; io no, mai! Anzi mi godo il silenzio e mi diletto in qualche gioco con me stessa: stanotte giocavo ad essere cappuccetto rosso (visto il colore del giacchettino), ad essere inseguita dai lupi e a cercare di recuperare il cacciatore per salvare la nonna.

Verso le 4:00 penso di aver allucinato lo spirito dello sciamano, ho visto sfrecciarmi davanti a gran velocità, un enorme ombra nera con le corna, la stanchezza a volte lo fa.

Poco prima dell’alba ci troviamo avvolti dalla nebbia e poi finalmente il sole che riuscirà a scaldarsi ed asciugarsi solo dopo diverse ore.

Arriviamo alla grotta dell’Ander delle Mate, bellissima, dove noto anche diverse qualità di fiori: calendula, azalee selvatiche ma anche stelle alpine.

Iniziamo a salire prima fino a forcella, poi il cp dove mangio, bevo tanta coca cola che mi riempie di caffeina x tenermi vigile e sveglia, e dove simpaticamente mi prendono in giro x il mio accento toscanaccio…adesso ci aspetta l’ascesa al punto più alto di tutto il percorso, il rifugio semenza in vetta al Monte Cavallo 40° km.

Salita ardua, faticosa e tecnica, resa ancor più dura dal solleone.

Una volta in cima bevo e mi bagno la testa prima di scendere giù x un altrettanta discesa tecnica di pietrisco, in Val Sperlonga e poi in Val Salatis.

Dalla discesa non ho più visto nessuno dei miei compagni di sventura, nessuno mi ha recuperato ed altrettanto io…un simpatico escursionista tedesco mi ha fatto i complimenti e mi ha abbracciata e baciata nonostante fossi tutta sudata e sicuramente poco profumata; ma mi ha dato una carica morale enorme!

Poco prima di intraprendere un sentiero di bosco (sembrerebbe) creato apposta per l’occasione; trovo due dei “miei” sdraiati all’ombra ritirati, che aspettano di esser rimpatriati.

Io riparto piano, attraverso radice, scaloni, fango, e poi finalmente breve tratto di strada bianca fino ad arrivare al cp del 50°km mi rassicurano che ho 2h di vantaggio sul cancello orario, ma che se non mi sbrigo probabilmente mi bloccheranno al Pizzoc.

Mangio qualcosa e mi faccio lasciare una pesca che purtroppo non sa di nulla (solito culo!) E mi incammino, al sole in salita, fiancheggiando pascoli di mucche.

Finalmente di nuovo bosco ed ombra, in strada bianca prima, dove incontro tanti escursionisti che mi fanno i complimenti; e poi sentiero mosso, su un” tappeto” morbidissimo come piace a me.

Mi fermo un attimo a cercare distaccare i calzini dai piedi lessati dal fango ed acqua; ma è un impresa, ho già diverse vesciche; potessi andrei scalza.

Mi rimetto in piedi ed in quell’istante mi recupera un simpatico pensionato con cui inizia un tira e molla, perché anche lui come me alterna passo a corsa; in salita tira lui, sul mosso tiro io, correndo nonostante il bruciore ai piedi…in discesa si puntano i bastoni e si pattina, cercando di non finire ogni volta col culo per terra.

Inizia così la nostra avventura insieme; si chiama Ciro, abita proprio a Fregona ed ha un curriculum d’eccellenza, con tutte le gare più lunghe e dure del mondo in archivio; tutte le persone che incontriamo ci affiancano per alcuni tratti, per poterlo salutare e scambiare con lui qualche battuta.

Passiamo da Pian Osteria e arriviamo in Vallorch; ci sediamo mangiamo e beviamo un sacco, e poi ripartiamo; al cp ci dicono che di 150 ad ora in ballo ne sono rimasti solo in 80 (atleti) che non sanno se ci saranno altri ritiri o se riusciranno a superare i cancelli. Noi veniamo tranquillizzati abbiamo 2h30 di vantaggio sul cp del pizzoc, abbiamo recuperato mezz’ora.

Si riparte in salita ripida sul sentiero degli innamorati, dentro ad una faggeta; adesso ci aspettano 10km di salita, dove ad un certo punto raggiungiamo 3 atlete che scopriamo essere l’ultima della 45km con le due scope.

Facciamo un tratto insieme ma poi le perdiamo perché in salita abbiamo un altro passo; Ciro mi spiega che usciti dal bosco ad 1,5km troveremo il cp; intanto condivido l’ultimo goccio d’acqua rimasto con lui perché siamo rimasti a secco.

Quando finalmente gli alberi si diradano vediamo il rifugio del pizzoc, ma da dove siamo noi a laggiù ci saranno minimo 3km…oggi ho potuto constatare che le loro unità di misura sono diverse dalle nostre!?

Al briefing lo avevano detto che probabilmente erano un “pochino” di più di 82km.

Arriviamo al pizzoc con 4 ore di anticipo sulla chiusura della gara; ci sediamo 10′ a mangiare mezzo panino con salsiccia grigliata e cipolla, e ci godiamo una bella birra fresca (oltre a coca e acqua gassata); poi ripartiamo altrimenti mi addormento.

Iniziamo la discesa ripida e tecnica, inizialmente di sassi e poi di bosco fangosa; dove vedo le stelle ogni volta che appoggio i piedi ed anche le ginocchia non ne possono più.

La prima parte della discesa, mi spiega Ciro, essere il tratto del Vertical del Pizzoc; 3km con, in questo caso, 1200d-.

Ci recupera la scopa e condividiamo un tratto in cui mi “intervistano”, vogliono sapere da dove nasce la mia passione e soprattutto quali meccanismi mentali sto usando per non mandare tutto a puttane, nonostante il dolore; vogliono sapere cosa penso…e cosa penso??? Cerco di convincermi che il dolore non esiste, mi dico che ormai è finita, che non si molla e che va tutto bene; in un mantra infinito che ripeto anche a voce alta.

Zoppico vistosamente e mai come oggi , da quando corro, ho odiato la discesa; loro si avviano mentre Ciro si ferma ad aspettarmi; più di una volta lo prego di andare che gli sto facendo perdere tempo; ma lui insiste: abbiamo condiviso così tanti km, che ormai arriviamo insieme. Ecco, mi sono innamorata delle ultra perché non sono competizioni, sono viaggi alla scoperta di noi stessi, di luoghi e monti nuovi e di persone umili, pronte ad aiutarsi in ogni modo, perché l’importante è arrivare, non mollare fino alla fine; la classifica è per i primi (e gli stradisti che si cimentano in queste avventure x farsi vedere e che x una posizione in meno ti butterebbero di sotto ad un burrone!) Ma noi ultrarunner, siamo fatti di un’altra pasta, la solidarietà che sperimentiamo ogni volta, instaura rapporti di amicizia sincera e duratura nel tempo! A chi si vuole avvicinare a questo mondo dico: godetevela così, vi lascia dentro sensazioni uniche ed indelebili; la classifica lasciatela ai primi!

Dopo questa bella riflessione (qualcuno mi odiera’ per ciò che ho appena scritto!) torniamo a noi: finita la discesa attraversiamo in traverso una collina, passaggio in paese, vigneto, piccola salita su strada bianca, guado di un ruscello, di nuovo vigneto e poi asfalto dove ritrovo Max ed Emma ad aspettarmi che mi davano x dispersa; finiamo gli ultimi 200mt per mano, correndo a braccia alzate.

Ciro mi presenta la sua famiglia, ci abbracciamo ci salutiamo, mi mangio una fetta di cocomero, recupero la borsa e in qualche modo riesco ad arrivare agli spogliatoi.

Son tutta piena di fango essiccato, scarpe e calze sono da buttare, ho un enorme livido sul fondo schiena e son piena di dolori in tutto il corpo. Come apro l’acqua ghiacciata della doccia mi sciolgo in un pianto liberatorio; questa gara mi ha piegata, i reni hanno resistito bene, ma tutto il resto…

Doveva essere veloce ma non lo è stata nemmeno per i primi (il primo 10 ore, la prima donna 14 e qualcosa) ; la talebana 20h19′ speriamo bene per gli obbiettivi futuri.

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