
Trail running, l’importanza del cammino
di Massimo Santucci e Lorenzo Andreini
Sempre più corridori si approcciano alle corsa in montagna con particolare predilezione per trail, ultratrail e sky race.
Il dubbio su come interpretare la fase di salita assale i runner che hanno maggiori velleità agonistiche.
Inserire tratti camminati in gara diventa quasi un obbligo affrontando determinati percorsi.
Come e quando farlo? Proviamo a fare un’analisi lieve, senza andare troppo nel profondo, partendo dal cammino.
Analisi del cammino
Il cammino, o per meglio dire deambulazione, è data da una successione ciclica di movimenti ritmici alternati. Si dice ciclo del cammino il periodo che intercorre tra due appoggi successivi dello stesso piede sul terreno (destro-sinistro-destro, ad esempio). Possiamo suddividere questo ciclo in 2 fasi:
- fase di appoggio: dove il piede rimane a contatto con il suolo.
- fase di sospensione/oscillazione: dove l’arto viene sollevato e portato in avanti per prepararsi all’appoggio successivo.
Una cosa molto importante da far notare, e che costituirà la differenza chiave con la corsa, è la durata della fase di appoggio.
La fase d’appoggio occupa, in durata, il 62% dell’intero ciclo, mentre quella d’oscillazione il 38%. Man mano che ci si avvicina alla corsa, i rispettivi tempi di appoggio e oscillazione cambiano, addirittura si invertono.
Lungi dal pensare che la parte con maggiore durata sia la più importante.
Anzi. Entrambe sono importantissime, vitali, per una buona dinamica di corsa, ma l’appoggio (anche se nel mezzofondo veloce dura appena 200 millisecondi), è senza dubbio il marchio di fabbrica di ogni atleta.
Senza stare a dilungarci troppo sulla parte articolare del cammino, accenniamo appena che la fase di appoggio, come molti saprete già,
può suddividere in contatto del tallone/pieno appoggio del piede/distacco del tallone/distacco delle dita. La fase di oscillazione si interessa di portare in avanti l’arto libero prima flettendo leggermente anca, ginocchio e caviglia e poi estendendole, preparando l’arto libero all’appoggio, e così via.
In linea generale, la deambulazione ha una gestione molto più complessa di quella che si vede o che si può vedere descritta. Bisogna infatti contare che esiste una componente essenziale, affinchè si verifichi: il Sistema Nervoso. Ci sarebbero pagine da scrivere a riguardo. La volontarietà del cammino, l’avvio, le variazioni di percorso, la decisione di arrestarsi, sono controllate a livello cerebrale.
La ritmicità del passo è invece controllata a livello spinale, dai CPG (Central Pattern Generator).
Se vi è mai capitato di camminare scalzi su una ghiaia, avrete notato che non riuscite a mantenere un ciclo del passo normale, proprio a causa degli stimoli dolorosi sotto i piedi.
La modifica del cammino in questo caso è controllata come movimento riflesso, a livello spinale. Il movimento riflesso è un movimento involontario che il corpo produce automaticamente, un classico esempio è quando si mette la mano su una superficie bollente: non si ha il tempo di pensare ‘Brucia! Devo togliere la mano!’, ciò avviene automaticamente, movimento controllato dal midollo spinale. Detta molto semplicemente, tornando al caso del cammino, i recettori tattili posti sotto il piede portano al midollo spinale, tramite impulsi elettrici, informazioni (dolorose in questo caso) che sono in modo rapido rielaborate automaticamente e vanno a cambiare in base all’infinita varietà di situazioni, il ciclo del cammino.

Ciò succede anche quando camminando, inciampiamo su un sasso. I recettori rilevano l’ostacolo e si verificano immediatamente cambiamenti meccanici a livello del cammino per non cadere a terra. Per concludere questa parentesi, possiamo dire che essenzialmente durante il cammino, il corpo deve gestire queste situazioni :
- generazione di una forza propulsiva da parte dei muscoli
- mantenimento dell’equilibrio e stabilità del corpo nonostante le continue variazioni posturali
- assorbimento del trauma causato dall’impatto del piede con il terreno
- ottimizzazione del gesto atletico in modo da renderlo automatico e poco dispendioso per l’organismo
Analisi della corsa e confronto con il cammino
Cosa differenzia la corsa dal cammino? La fase di volo. Per un breve periodo di tempo il nostro corpo si trova pertanto sospeso da terra, in volo. Cambia anche l’appoggio del piede a terra. Non avviene in sequenza tallone-punta come detto precedentemente. E’ la parte del metatarso-avampiede (in genere) a prendere contatto con il suolo, assorbire l’impatto e sfruttare contemporaneamente l’azione dei muscoli estensori. In questo frangente l’impegno muscolare che si va a creare è evidenziato anche da differenze metaboliche. Nella corsa infatti, nonostante la frequente difformità di pensieri, è fondamentale la biomeccanica, ma anche gli aspetti energetici.
Se facciamo un rapido confronto con il cammino, la differenza è notevole.
Spesa energetica nella Corsa: 0.9 × km percorsi × kg di peso corporeo
Spesa energetica nel Cammino: 0.45 × km percorsi × kg di peso corporeo
Ecco che un atleta di 70 kg che percorre 5 km correndo e camminando, consuma a livello energetico, rispettivamente 315 kCal e 157 kCal. Correndo si consuma il doppio (concetto estremizzato per fissare una informazione), in linea teorica, tralasciando temporaneamente il caso della salita, che vedremo tra poco.
Che differenza c’è a livello muscolare tra Corsa e Cammino? A livello meccanico, nessuna. La corsa è un’accentuazione di tutto ciò che succede nel cammino, chiaramente lo scopo è differente. Nella corsa si consuma di più, in linea di massima si va più veloce, ma a livello muscolare e articolare si ha solamente un’accentuazione di tutto ciò che già è presente nel cammino. Nella corsa si distinguono una fase di ammortizzazione, con la presa di contatto del piede sul terreno “ammorbidita” grazie all’azione del tricipite surale. Qui, si sfrutta la componente reattivo-elastica del piede e il muscolo quadricipite femorale, nel suo insieme, contribuisce nell’attenuazione dell’impatto del piede a terra.
Segue una fase di sostegno, intermedia, con l’avanzamento lineare ed orizzontale del bacino. In questa fase il piede è in asse con il baricentro ed i muscoli si contraggono isometricamente per mantenere la stabilità del corpo. Infine la fase di spinta produce l’impulso necessario per l’accelerazione del distacco del piede dal terreno. I muscoli sfruttano la loro forza di tipo elastico e reattivo per proiettare in avanti il corpo, la gamba viene quindi distesa. La fase di spinta inizia dai muscoli del bacino, più lenti ma potenti, si continua con i muscoli della gamba e termina con i muscoli del piede. I muscoli del bacino e del tronco fungono da stabilizzatori durante tutto il movimento. Anche nella corsa, similmente al cammino, il muscolo soleo, è quello che, insieme al grande gluteo, contribuisce maggiormente alla genesi del movimento.
La salita: correre o camminare?
Si sa che nella corsa di resistenza, una delle qualità principali è saper gestire la propria energia, per non rimanere sulle gambe troppo presto.
Una particolare accezione che merita considerazione è quella della salita. Sembra sempre di perdere tempo, in una gara di corsa, se si inseriscono dei tratti camminati.
Ciò è vero in generale, specialmente quando andiamo a fare una gara di mezzofondo. Pensate ad un atleta che sfida Mo Farah su un 5000 metri su pista. Se si permette di camminare durante il 5000 per un solo minuto, probabilmente Mo Farah lo avrà già doppiato in quel frangente!
Questa regola è valida anche per la salita, per i Trail? Se la corsa non è decisamente più vantaggio in termini di velocità, in salita è meglio camminare.
Abbiamo precedentemente calcolato la differenza tra i consumi di corsa e di cammino. Differenze che valgono anche e soprattutto in salita.
Se la salita, in termini molto generali, ad esempio è superiore al 10-15%, non avremo tutta questa differenza di velocità tra cammino e corsa. Correre ci porterà via decisamente più energia, e senza un particolare vantaggio.
Come comportarsi
Premetto che le strategie vanno allenate dopo averle elaborate.
Chi utilizza con profitto molto cammino nei trail è perchè ha lavorato tanto in allenamento su quel versante.
Il bravo corridore di montagna deve avere in dote una “doppia moltiplica”. Deve passare in modo naturale dalla corsa lenta, lentissima al passo veloce e viceversa.
La capacità di adattarsi continuamente ed in modo naturale al variare del terreno (e delle sue pendenze) regala consumi minimi ed un meraviglioso controllo energetico.
pubblicato su Runners e Benessere