Siamo abituati a vederli sorridenti, fieri nelle loro canotte e pantaloncini, entusiasti nel raccontare la loro passione e nel decantare i milioni di miglioramenti che la corsa ha portato nelle loro vite, ma siamo sicuri che la vita del runner sia tutta rosa e fiori o c’è qualcosa che i podisti ci nascondono? C’è un’altra faccia della medaglia, un lato oscuro che nessuno racconta?
Perché non provare a guardare corsa e allenamento da un punto di vista differente, inusuale, distopico e perché non farlo attraverso delle interviste scomode? Passione, entusiasmo e benessere fisico sono lampanti alla vista, basta osservare la luce negli occhi sorridenti e scintillanti dei runner all’arrivo di qualsiasi competizione podistica, ma ci sono anche ombre? Chiediamolo a loro!
Oggi cercheremo di addentrarci nei retroscena di questa disciplina con un giovane e forte atleta del G.S. Orecchiella Garfagnana, Girma Castelli. Siamo abituati a vederlo veloce e leggero tagliare il traguardo e a primeggiare in varie discipline. Versatile e instancabile, è detentore di vari titoli come quello di campione regionale di corsa su strada nella distanza dei 10km ottenuto alla “Scalata al Castello” ad Arezzo; si è distinto per ben 2 anni consecutivi alla Eco Maratona del Chianti sia nella distanza di 14km che 21 km e si è fatto valere persino nella corsa in montagna, ma oggi siamo qui per capire cosa c’è dietro quello che sembra un talento innato.
Ciao Girma, iniziamo con la domanda di rito, che podista sei?
Sicuramente ci sono diversi tipi di podisti e io sono un amante della corsa e della competizione sana. Non sono di quelli fissati con il risultato, ma mi piace migliorarmi e soprattutto avere la costanza di allenamenti e gare, perché sappiamo benissimo quanto importante la costanza in questo sport, che ormai fa parte di me perché è la mia valvola di sfogo.
Mi piace soprattutto il fatto di allacciarmi le scarpe e partire senza guardare il tempo o i chilometri, solo con me stesso e i miei pensieri: sono più competitivo con me stesso che con i miei avversari.
Sarò sincera, ti conosco da quando, ancora minorenne, ti allenavi alla pista di atletica dello stadio comunale Alessio Nardini di Castelnuovo di Garfagnana e ancora prima delle tue capacità atletiche, mi hanno colpito la tua semplicità e la tua umiltà. Ti è mai capitato, invece, di essere stato oggetto di pregiudizi solo perché ritenuto “quello forte”? Ti hanno mai creduto presuntuoso semplicemente perché sul primo gradino del podio? Se sì, cos’è che ti ha pesato maggiormente di questo essere frainteso? Come lo hai vissuto?
Fortunatamente non mi è capitata questa cosa, perché sono sempre stato una persona molto sportiva sia in caso di vittoria e soprattutto di sconfitta.
Spesso, quando si è di fronte ad un atleta forte, si tende a pensare “ma tanto tu sei forte, riesci in tutto”, oppure “che vuoi che sia per te!” come se bastasse una predisposizione innata per avere risultati. In realtà cosa c’è dietro degli ottimi risultati? Ok il talento innato, ma quali sono i sacrifici, le rinunce, gli aspetti più duri dietro alla bravura?
Io sono dell’idea che il talento solo non aiuta, ma a lungo andare quello che veramente ti fa ottenere i risultati sono il duro lavoro, tanti sacrifici e rinunce.
La gente vede il risultato finale non vede tutto il lavoro che ci sta dietro, perché alla fine la gara è la punta dell’iceberg.
Hai iniziato a correre con impegno a 13 anni, c’è un aspetto che è risultato il più difficile da conciliare nel periodo dell’adolescenza?
Sì, spazio da dedicare agli amici e alla scuola, anche se nell’ultimo caso ritengo anche che mi aiutasse perché era un momento solo per me e questo mi faceva stare bene
Invece adesso, qual è l’aspetto per te più difficile da conciliare con la vita di tutti i giorni?
Diciamo che riesco abbastanza a gestire le cose, anche se è difficile conciliare l’università con gli allenamenti, ma allo stesso tempo l’atletica è la mia valvola di sfogo dallo studio e dai pensieri negativi, quindi mi da una grande mano.
Da un atleta bravo ci si aspettano sempre ottime prestazioni, senti la pressione delle aspettative degli altri? Hai mai desiderato di essere uno “dei tanti” per poter gareggiare senza pressioni?
Fortunatamente non ho mai sentito la pressione né dalla famiglia né dalla squadra, semmai ero io che a volte mi creavo delle aspettative alte e ciò poteva anche influire negativamente sul risultato che volevo ottenere.
Ti sei mai sentito “non all’altezza”?
Non mi capita spesso, ma in alcune in competizioni che non sono proprio nelle mie corde a volte è successo; sono riuscito comunque a dare il massimo che potevo anche quando non pensavo di farcela.
Le foto degli eventi podistici ritraggono sempre successi e sorrisi, quello che non si vede però sono le delusioni. Quelle restano nel profondo dello sportivo che magari aveva puntato tutto su una certa competizione, aspirando a un determinato risultato per poi, all’atto concreto, veder sfumare tutte le sue aspettative. Ti è mai successo? In quale occasione, e come lo hai vissuto?
Mi sono sempre posto obbiettivi alla mia portata, per cui nella maggior parte dei casi li ho più o meno raggiunti. Mi è capitato qualche volta di non riuscire a raggiungere il mio obiettivo e allora mi sono maggiormente impegnato, facendo anche maggiori sacrifici, per quelli successivi.
Qual è stato il momento più difficile della tua carriera sportiva fino ad ora? Perché?
Quando ero ancora allievo ho avuto un periodo di serie difficoltà a causa di una carenza di ferro che ancora oggi sto tenendo sotto controllo. Improvvisamente da una gara all’altra diventai irriconoscibile: non riuscivo più a ottenere i risultati nonostante il grosso impegno negli allenamenti di tutti i giorni, perciò fortunatamente decidemmo di fare dei controlli con i quali scoprirono la causa.
Parlando di infortuni, hai dovuto affrontare periodi di stop? Come li hai affrontati?
Da questo punto di vista mi sento molto fortunato, perché non ho mai avuto degli infortuni gravi che mi abbiano tenuto troppo lontano dalle competizioni, ho solo avuto dei piccoli stop che ho risolto nel giro di qualche settimana o mese.
Ti sei mai sentito demoralizzato, fuori focus o demotivato? Hai mai pensato di mollare? Se sì, perché e soprattutto come hai superato questa negatività?
Sicuramente sì, quando qualche gara non è andata come mi aspettavo, però è stato solo un pensiero momentaneo che non ha prevalso sugli sforzi fatti e sulla grande passione che dedico a questo sport.
Ma adesso basta con i tabù, lasciaci un messaggio positivo. Secondo te, dal riuscire ad arrivare a completare una certa distanza, al raggiungere il proprio Personal Best fino al puntare alla vittoria, qual è il segreto per arrivare a togliersi qualche soddisfazione?
Io sono dell’idea che l’unico modo per togliersi delle soddisfazioni è quello di non essere sempre attaccati ai risultati, ma di saper apprezzare anche i piccoli miglioramenti personali e di usare le sconfitte come una motivazione in più per migliorare e dare sempre di più. Lo sport non è da intendere solo come competizione con gli altri, ma anche e soprattutto con sé stessi.
Liza Bellandi
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