La pubalgia – ultima parte

 Le varie forme di pubalgia

Possiamo suddividere ulteriormente le quattro forme cliniche in tre gruppi:

  • Un primo gruppo costituito dalla tendinopatie inserzionali e dalla osteo-artropatia dei muscoli adduttori e dei muscoli addominali, causata da ripetuti microtraumi. Il punto critico di queste inserzioni muscolari è la sinfisi pubica che rappresenta la zona dove si scaricano le forze ascendenti e discendenti dei muscoli.

  • Un secondo gruppo dove ritroviamo le lesioni della parte addominale e del canale inguinale, chiamata sindrome sinfisiaria provocata da microtraumi indotti dai muscoli adduttori, che agendo in allungamento e in modo non bilanciato tra i due arti creano una specie di cedimento della sinfisi. Questo caso porta ad uno squilibrio del bacino e si manifesta nell’età dello sviluppo, periodo in cui tutta la parte interessata risulta più debole.

  • Il terzo ed ultimo gruppo comprende tutte le cause non riconducibili a patologie a carico della parete addominale che possiamo definire “pseudo -pubalgiche” come la lacerazione dell’Ileopsoas.

Tale condizione è frequente nel gioco del calcio, durante la fase di calciata, dove si ha uno stress a livello della muscolatura addominale. La tensione ripetuta crea una lacerazione della fascia superficiale con stiramento a carico del nervo dando una sensazione di dolore.

La distinzione che le diverse scuole di pensiero esprimono consiste proprio nell’inquadramento clinico, il più diffuso reputa la pubalgia come una patologia del canale inguinale di derivazione sportiva (ernia) che si riferisca ad una tendinopatia-adduttoria o inserzionale, oppure ad un osteo artropatia pubica.

La suddivisione più importante almeno in questa sede è cercare di creare una distinzione tra le “pubalgie vere” , patologie pubiche reali che sono trattabili con un intervento chirurgico e le “pubalgie infiammatorie” che si riferiscono invece alle tendinopatie, alle osteo-artropatie che in campo medico, necessitano di una diagnosi differenziale. Quest’ultima consiste in un procedimento che tende ad escludere fra varie manifestazioni simili in un soggetto, quelle che non comprendono l’insieme dei sintomi e segni che si sono evidenziate durante gli esami, fino a capire quale sia la diagnosi corretta.

Le forme inguinali sono riservate per la maggior parte dei casi alla specie maschile così suddivisa, circa il 60% dei giocatori di calcio, seguiti dai giocatori di hockey dai rugbisti e solo per ultimi i corridori di fondo.

Il dolore causato dalla pubalgia è bilaterale, può interessare la regione adduttoria quando sono coinvolti i muscoli addominali (retto, obliqui, trasversi) e gli adduttori (brevi, lunghi ed i grandi adduttori) e quella perineale, spazio anatomico che risulta delineato in alto dalla sinfisi pubica, dall’alto dal coccige e lateralmente dalle tuberosità ischiatiche. Con una forma di losanga che comprende il diaframma pelvico, il trigono urogenitale ed il piano superficiale del perineo.

Chi è affetto da pubalgia riferisce un’insorgenza del dolore in modo progressivo, soltanto 1/3 avverte un dolore improvviso e brutale. Nel quadro clinico della pubalgia possiamo parlare di sintomi soggettivi che si identificano con la presenza di male variabile per grado e di intensità, può andare dal semplice fastidio fino ad un dolore acuto che persiste compromettendo le attività quotidiane del paziente come la deambulazione, il vestirsi, salire e scendere le scale. Il dolore nel caso dell’atleta può comparire in seguito ad una competizione, a fine allenamento, essere già presente nelle fasi precedenti, scomparire durante il riscaldamento e ricomparire nel proseguo dell’allenamento. In casi estremi, il fastidio arriva fino a bloccare il completamento dell’allenamento.

Il dolore si estende lungo la muscolatura adduttoria/addominale verso il perineo e gli organi genitali. Questa fase è quella dove si possono commettere errori diagnostici.

Dal punto di vista oggettivo il paziente lamenta dolore alla palpazione, quindi l’analisi tramite l’osservazione dei movimento mentre il paziente si spoglia, cammina o si muove è importante. Mentre a livello clinico possiamo sentire la presenza di una curvatura che trova sede tra l’arcata crurale e il bordo inferiore dei muscoli obliqui, attraverso alcuni test muscolari come quello più comune del test del muscolo dell’ileopsoas, (il paziente disteso in posizione supina flette la coscia sul bacino ruotando contemporaneamente la gamba esternamente) possiamo creare il quadro clinico ed evidenziare la situazione della sinfisi pubica per passare a ricerche radiografiche nella zona del bacino che permetteranno di evidenziare o escludere eventuali artrosi/erosioni etc.

Esistono fattori intrinsechi che predisporrebbero l’atleta all’insorgenza della pubalgia come:

  • una patologia a carico dell’anca o dell’articolazione sacro iliaca.
  • l’iperlordosi.
  • uno squilibrio funzionale tra muscoli addominali e muscolatura adduttoria.

Possiamo suddividere ulteriormente le quattro forme cliniche in tre gruppi:

  • Un primo gruppo costituito dalla tendinopatie inserzionali e dalla osteo-artropatia dei muscoli adduttori e dei muscoli addominali, causata da ripetuti microtraumi. Il punto critico di queste inserzioni muscolari è la sinfisi pubica che rappresenta la zona dove si scaricano le forze ascendenti e discendenti dei muscoli.

  • Un secondo gruppo dove ritroviamo le lesioni della parte addominale e del canale inguinale, chiamata sindrome sinfisiaria provocata da microtraumi indotti dai muscoli adduttori, che agendo in allungamento e in modo non bilanciato tra i due arti creano una specie di cedimento della sinfisi. Questo caso porta ad uno squilibrio del bacino e si manifesta nell’età dello sviluppo, periodo in cui tutta la parte interessata risulta più debole.

  • Il terzo ed ultimo gruppo comprende tutte le cause non riconducibili a patologie a carico della parete addominale che possiamo definire “pseudo -pubalgiche” come la lacerazione dell’Ileopsoas.

Tale condizione è frequente nel gioco del calcio, durante la fase di calciata, dove si ha uno stress a livello della muscolatura addominale. La tensione ripetuta crea una lacerazione della fascia superficiale con stiramento a carico del nervo dando una sensazione di dolore.

La distinzione che le diverse scuole di pensiero esprimono consiste proprio nell’inquadramento clinico, il più diffuso reputa la pubalgia come una patologia del canale inguinale di derivazione sportiva (ernia) che si riferisca ad una tendinopatia-adduttoria o inserzionale, oppure ad un osteo artropatia pubica.

La suddivisione più importante almeno in questa sede è cercare di creare una distinzione tra le “pubalgie vere” , patologie pubiche reali che sono trattabili con un intervento chirurgico e le “pubalgie infiammatorie” che si riferiscono invece alle tendinopatie, alle osteo-artropatie che in campo medico, necessitano di una diagnosi differenziale. Quest’ultima consiste in un procedimento che tende ad escludere fra varie manifestazioni simili in un soggetto, quelle che non comprendono l’insieme dei sintomi e segni che si sono evidenziate durante gli esami, fino a capire quale sia la diagnosi corretta.

Le forme inguinali sono riservate per la maggior parte dei casi alla specie maschile così suddivisa, circa il 60% dei giocatori di calcio, seguiti dai giocatori di hockey dai rugbisti e solo per ultimi i corridori di fondo.

Il dolore causato dalla pubalgia è bilaterale, può interessare la regione adduttoria quando sono coinvolti i muscoli addominali (retto, obliqui, trasversi) e gli adduttori (brevi, lunghi ed i grandi adduttori) e quella perineale, spazio anatomico che risulta delineato in alto dalla sinfisi pubica, dall’alto dal coccige e lateralmente dalle tuberosità ischiatiche. Con una forma di losanga che comprende il diaframma pelvico, il trigono urogenitale ed il piano superficiale del perineo.

Chi è affetto da pubalgia riferisce un’insorgenza del dolore in modo progressivo, soltanto 1/3 avverte un dolore improvviso e brutale. Nel quadro clinico della pubalgia possiamo parlare di sintomi soggettivi che si identificano con la presenza di male variabile per grado e di intensità, può andare dal semplice fastidio fino ad un dolore acuto che persiste compromettendo le attività quotidiane del paziente come la deambulazione, il vestirsi, salire e scendere le scale. Il dolore nel caso dell’atleta può comparire in seguito ad una competizione, a fine allenamento, essere già presente nelle fasi precedenti, scomparire durante il riscaldamento e ricomparire nel proseguo dell’allenamento. In casi estremi, il fastidio arriva fino a bloccare il completamento dell’allenamento.

Il dolore si estende lungo la muscolatura adduttoria/addominale verso il perineo e gli organi genitali. Questa fase è quella dove si possono commettere errori diagnostici.

Dal punto di vista oggettivo il paziente lamenta dolore alla palpazione, quindi l’analisi tramite l’osservazione dei movimento mentre il paziente si spoglia, cammina o si muove è importante. Mentre a livello clinico possiamo sentire la presenza di una curvatura che trova sede tra l’arcata crurale e il bordo inferiore dei muscoli obliqui, attraverso alcuni test muscolari come quello più comune del test del muscolo dell’ileopsoas, (il paziente disteso in posizione supina flette la coscia sul bacino ruotando contemporaneamente la gamba esternamente) possiamo creare il quadro clinico ed evidenziare la situazione della sinfisi pubica per passare a ricerche radiografiche nella zona del bacino che permetteranno di evidenziare o escludere eventuali artrosi/erosioni etc.

Esistono fattori intrinsechi che predisporrebbero l’atleta all’insorgenza della pubalgia come:

  • una patologia a carico dell’anca o dell’articolazione sacro iliaca.
  • l’iperlordosi.
  • uno squilibrio funzionale tra muscoli addominali e muscolatura adduttoria.

pubalgia

Tra i fattori estrinsechi troviamo invece:

  • in ambito sportivo l’uso scarpe non adatte.
  • terreni sconnessi.
  • errori nella pianificazione degli allenamenti con possibile sovraccarico.

La pubalgia sportiva sarebbe quindi indotta da combinazioni di eccessive trazioni muscolari da parte delle regioni addominali e adduttorie, da stress causati da impatti durante la corsa, da movimenti violenti non supportati da preparazione muscolare.

Le teorie generali sostengono che in condizione di normale funzionalità i muscoli addominali e la muscolatura adduttoria hanno una funzione antagonista, ma equilibrata. Nelle pubalgie quindi è nascosto un disequilibrio tra adduttori potenti e addome di tonicità non sufficiente.

Il disequilibrio si ripercuoterebbe a livello pubico, rinforzando i muscoli obliqui, si riducono in maniera drastica le forze di tensione a livello pubico.

Il trattamento conservativo della pubalgia, cioè quello che garantisce i risultati più stabili nel tempo ed il recupero più naturale del paziente, va da un tempo minimo di 2/3 settimane fino ad un massimo di 6 mesi.

Lo standard medico segue in genere i seguenti criteri:

  • La tipologia clinica.
  • L’età del paziente.
  • Il livello sportivo dell’atleta.
  • L’intensità del dolore.

Normalmente viene richiesto un periodo di riposo, con l’uso di una terapia antalgica, in casi particolari può essere consigliata una terapia infiltrativa, quest’ultima solo ed esclusivamente per permettere l’attività di un atleta agonista che non può rinunciare alla competizione in programma.

Chiaro è che l’infiltrazione deve essere supportata e garantita da un parere medico, visto che presuppone l’iniezione di componenti rischiosi per l’integrità fisica dell’atleta che non percependo più il dolore può superare i limiti imposti dalle avvisaglie patologiche. Nelle forme cronicizzate si possono anche tentare ricostruzioni del tessuto tendineo.

In questo modo si otterrebbe lo sviluppo di un nuovo tendine che può sostituire o rinforzare la struttura deteriorata.

Il trattamento successivo in tutte questa varianti è quello fisioterapico andando a lavorare:

  • Rinforzo della muscolatura addominale.
  • Distensione della muscolatura adduttoria.

Il rinforzo della muscolatura addominale si ottiene attraverso l’esercizio del “crunch” che va a stimolare il grande retto. Il crunch classico stimola la porzione superiore mentre una serie di varianti vanno a sollecitare l’irrobustimento degli addominali laterali e di quelli bassi.

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