La gazzetta di Clara ep. 43
Sono pronta per andare ad allenarmi. Prima però faccio un’ultima ispezione meteo dal balcone. L’aria è fresca, il cielo è minaccioso, coperto da nuvole scure e cariche di pioggia. Metto la giacca impermeabile e mi dirigo verso l’aria aperta. Si vede e si sente che a breve pioverà. Quando e con quale intensità, sono due punti interrogativi che scoprirò a breve. Inizio a dirigermi verso il fiume e a percorrere quei primi metri che accompagnano quasi sempre i miei allenamenti vicino a casa. Al primo bivio, prendo una decisione sulla direzione da seguire. Vado controvento. I primi passi mi sorprendono. Mi sembra di andare a sbattere contro una montagna di cemento. L’urto improvviso mi scuote e reagisco irrigidendo il mio corpo. Subito dopo però questo scontro mi ammorbidisce. Invece di lottare con la corrente d’aria mi abbandono alla sua forza, facendomi cullare e sorreggere. Così facendo avanzo con sicurezza e scioltezza. Il vento urla tra gli alberi e i miei piedi danzano tra l’aria e il cemento. Le poche foglie cadute a terra iniziano a turbinare. Dopo poco comincia l’ineluttabile. Piccole gocce iniziano a cadermi intorno e sul corpo, colorando la mia giacca rosa zucchero filato fino a renderla del colore dei frutti del gelso. Sorrido.

Osservo come la superficie del fiume venga bucherellata dalle gocce che cadono dal cielo. Come lacrime che si infrangono su un foglio di carta, questo pianto celeste dà forma a cerchi che permeano la superficie del Meno. Con decisione e prepotenza la pioggia ruba la scena e ne diventa protagonista. L’acqua minacciosa inizia a scrosciare. Mi sento completamente immersa nella natura e in questa cascata fluttuante che si muove al ritmo della mia corsa. Sento solo il mio corpo dibattersi tra vento e pioggia, tutto il resto è inesistente. Respiro, corro, produco calore e avanzo in una nuvola di vapore. Dopo poco più di un’ora è arrivato il momento di fermarmi. L’acqua penetra sempre di più attraverso i miei vestiti e scivola sulla mia pelle. Mi fermo per ascoltare e osservare con più attenzione questo fenomeno. Rivolgo gli occhi e i palmi delle mani verso il cielo per accoglierne ogni sua componente e sfumatura. Il mio corpo è ormai parte intrinseca di questa scena e si è trasformato in una statua gocciolante. L’acqua mi avvolge come un mantello che cela i miei pensieri e li porta via. Mi sento più viva che mai, immersa all’interno di una sinfonia d’orchestra. La sua musica è dolce, solenne e poetica. Il suo nome? Pioggia.
Clara
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