

IL DOLORE
Ingrid Kristiansen è una leggenda vivente. È nata a Trondheim il 21 marzo 1956 è alta un metro e 69 e pesa 50 chili. Nel suo raggelato paese dove lo sci nordico è un modo di vivere ha raggiunto una fama più vasta di grandi sciatori come Ivar Formo, Odd Martinsen, Oddvar Braa, Anett Boe, Berit Aunli. A Roma l’anno scorso ha conquistato con sublime facilità il titolo mondiale dei 10 mila metri. È passata da dominatrice sulle strade delle più grandi maratone. Unica nella storia ha detenuto e detiene i limiti mondiali dei 5 mila, dei 10 mila metri e della maratona.
Campionessa del mondo di cross e di corsa su strada non ha mai conquistato un titolo olimpico. Credo che sia stata troppo occupata a rispettare il proprio impegno professionale con la maratona per potersi dedicare a una corretta preparazione per conquistare l’oro di Olimpia. È comunque un’atleta straordinaria. Nell’83, esattamente 5 mesi dopo aver partorito il figlioletto Gaute, ha vinto la maratona di Boston, la più antica di tutte.
Solo quest’anno ha pensato al titolo olimpico decidendo di scegliere i 10 mila metri piuttosto che la quasi impossibile maratona (con Rosa Mota nessuna atleta avrebbe avuto chance). Ingrid in questa stagione ha subito diverse disfatte. A Oslo – e cioè sulla pista celebre del Bislett dove aveva narrato alcune delle imprese più belle dello sport norvegese – fu duramente sconfitta dalla fiera scozzese Liz Lynch.
Il 26 settembre a Seul ha vinto la prima batteria dei 10 mila metri con tre secondi sulla sovietica Olga Bondarenko. Il giorno della finale, il 30 settembre, la curva nord del grande stadio era fiorita di bandiere norvegesi. E quando Ingrid passava davanti alla sua gente era accolta da un coro ardente che ne ritmava il nome gentile. I norvegesi la invocavano. E in quello stadio che esprimeva poche passioni col calore del tifo faceva un po’ effetto ascoltare tanto coro.
Ingrid tentò quasi subito l’avventura solitaria. Voleva vincere con una lunga cavalcata in carattere col suo stile, con la sua leggenda. Quale delusione, dopo quella fiammata, per la gente norvegese quando Ingrid si è fermata col volto severo attraversato da una smorfia di dolore!
Gli dèi e le dee scivolano, cadono, muoiono. Ingrid Kristiansen in realtà era sconfitta prima ancora di scendere in pista e forse lei lo sapeva. Ha voluto provarci convinta di aver tenuto di riserva energie sufficienti per stupire una volta di più il mondo.
Ma era troppo tardi. Non ci sarà un’altra volta per Ingrid, leggenda vivente. Era quella l’altra volta.
Da “Il romanzo di Seul” – L’oro, l’argento…e le altre cose
Di Remo Musumeci (1989)