Le urine scure negli sportivi

urine scure

Spesso capita che molti atleti riscontrino, dopo un allenamento intenso, un periodo di carico piuttosto marcato o una gara particolarmente impegnativa, la presenza di un colorito delle urine insolitamente più scuro del normale che comporta sorpresa e preoccupazione. Il fenomeno può essere causato dall’ematuria, con questo termine facciamo riferimento alla presenza di sangue nelle urine, un aspetto piuttosto diffuso in molti sportivi, tra cui i podisti. La condizione molto spesso può indurre inutili allarmismi, pertanto è opportuno fare chiarezza.

In prima istanza bisogna distinguere tra due condizioni, la pseudo-nefrite atletica e la nefrite clinica.
Il primo caso, tipico dell’atleta, prevede un’ematuria più o meno marcata ma reversibile, tant’è che dopo 48-72 ore si dovrebbe riscontrare un ritorno alla normalità.
La nefrite clinica invece persiste per più di tre giorni e molto spesso è associata a una moltitudine di possibili patologie pregresse come malattie cronico degenerative, malattie infettive, calcoli renali, infezioni, diabete ecc.

Il colorito più scuro delle urine deriva dalla presenza di tracce di sangue e altri fattori che normalmente non dovrebbero raggiungere le porzioni terminali del tratto urinario. Le cause alla base dell’ematuria nello sportivo vanno ricercate a partire dalla tipologia di attività che è stata svolta nei giorni immediatamente precedenti la comparsa della condizione. Le urine rosse nei podisti possono infatti verificarsi a seguito di uno sforzo particolarmente lungo o intenso.

Analizzando gli aspetti legati alla durata, una delle cause possibili potrebbe essere l’emolisi da impatto, ossia lo schiacciamento ripetuto dei vasi al di sotto della pianta del piede che comporta una rottura dei globuli rossi. Tale condizione è favorita in caso di corse su lunghe distanze, utilizzo di calzature eccessivamente rigide e percorsi in discesa piuttosto che in salita o pianura.

Tra le altre cause legate alla durata della corsa abbiamo i microtraumi meccanici a reni e vescica, più diffusi negli uomini a causa delle differenze anatomiche tra i due sessi. In particolare gli impatti ripetuti possono indurre un lieve abbassamento dei reni comportando la compressione della vena renale a livello della giunzione con la vena cava inferiore, aumentando la pressione venosa ai reni.
Tale condizione denominata Sindrome dello Schiaccianoci è tuttavia molto rara.

La disidratazione è un altro fattore che può favorire l’ematuria in quanto va ad aumentare la viscosità del sangue e l’osmolarità di plasma e globuli rossi, accelerando la distruzione degli eritrociti più vecchi e rendendo le urine più scure.

Alcuni esperti suggeriscono che l’aumento di temperatura corporea e gittata cardiaca indotti dall’esercizio fisico possano andare ad alterare le delicate membrane cellulari dei globuli rossi, favorendo quindi l’emolisi ossia il processo alla base della loro distruzione.
L’esercizio fisico strenuo è risaputo incrementare i livelli di radicali liberi che possono comportare un danneggiamento dei tessuti degli organi, tra i quali il rene, aumentando la probabilità di ematuria.

Oltre alla durata, anche l’intensità dell’esercizio ha un ruolo fondamentale. Uno studio ha valutato i livelli di ematuria in 15 atleti a cui è stato richiesto di eseguire test massimali su distanze comprese tra 100 e 3000m. I risultati hanno evidenziato una stretta correlazione tra i livelli di lattato e il grado di ematuria, pertanto possiamo ipotizzare che nelle corse di mezzofondo, l’intensità dello sforzo costituisce un fattore più predisponente all’insorgenza di urine scure rispetto alla distanza percorsa, contrariamente a quanto avviene nelle corse ad elevato chilometraggio. A un aumento di intensità indotta dall’esercizio è correlato un incremento dell’afflusso sanguigno al muscolo scheletrico a scapito degli organi, tra i quali i reni. Questa condizione può indurre un danno ipossico al nefrone con aumento della permeabilità glomerulare che comporta una maggiore escrezione urinaria di proteine ed eritrociti. Non è un caso infatti che l’ematuria è più comune negli atleti che praticano attività che richiedono un maggior consumo di ossigeno.

Sia nelle corse di durata che in quelle ad elevata intensità possiamo andare incontro a un danno muscolare. Il danneggiamento delle fibre comporta il rilascio del contenuto cellulare nel flusso sanguigno come nel caso della creatinfosfochinasi (CPK) o della mioglobina. La seconda in particolare può indurre un danno a livello renale.

Un ulteriore aspetto da prendere in considerazione è rappresentato dall’utilizzo dei FANS ossia i farmaci antinfiammatori non steroidei come aspirina e ibuprofene, largamente impiegati dagli sportivi di tutti i livelli che se assunti a dosaggi elevati possono favorire i processi di ematuria.

In ultima istanza ci sono alcune strategie che possiamo adottare per prevenire l’ematuria come ad esempio adattando il programma di allenamento o ottimizzando la tecnica di corsa così da sfruttare appieno la fase di ammortizzazione. Anche una sufficiente idratazione prima, durante e dopo la corsa costituisce un valido alleato.

Per concludere, l’ematuria non deve assolutamente essere motivo di allarme negli sportivi, tuttavia è consigliabile consultare un medico qualora l’episodio continui a manifestarsi anche dopo diversi giorni di riposo assoluto, al fine di eseguire eventuali esami di accertamento. Per prevenire eventuali recidive, possiamo valutare sotto il consiglio di un operatore esperto l’integrazione con ferro o con farmaci che favoriscano la normale funzionalità ematica.

Bibliografia:

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