La gazzetta di Clara ep. 66
Una falcata può avere mille suoni
e svariate forme.
Può essere corta o lunga, costruita e macchinosa o fluida e naturale.
La mia falcata parte da sé, senza doverci pensare
come premere play su un registratore:
il nastro si muove, ripete qualcosa già inciso.
La sequenza è precisa, il movimento morbido,
Il corpo sa cosa fare.
Il luogo, l’ora, le circostanze contano.
La postura, il movimento delle braccia, delle gambe,
la posizione del bacino —
tutto costruisce un gesto unico, armonioso.
Cammino accanto al fiume, attraverso strade.
Lascio dietro di me il rumore delle macchine.
Entro in un parco, le strade bianche brillano sotto la luce lunare.
Mi spingo nella foresta, solo per qualche metro.
Anche lì riconosco tutto — ad occhi chiusi.
Ascolto il mio respiro, i suoni circostanti.
Spengo i pensieri, attivo il corpo.
Sento il ritmo dei miei passi:
bassi, frequenti, leggeri, ma non troppo.
Portano con sé la pesantezza della giornata.
Ascolto:
Tippi, tappi, tippi, tappi.
Mi concentro.
Sento solo questo rumore. Il mio rumore, che si mescola con il profumo di terra bagnata.
Tippi, tappi, tippi, tappi.
Spicca nitido come il suono dell’argilla sul tornio:
una spirale lenta, umida
il respiro breve dell’acqua e della mano.
Shhrrruu… shhrrruu…
Tutto si muove da sé.
Il gesto guida la mente e nel cedere dell’argilla sotto i miei piedi riconosco lo stesso ritmo, quello del corpo che corre, respira e si libera nella natura.


Clara

