Carichi eccessivi di allenamento


A seguito dell’articolo sul troppo allenamento, mi ha inviato queste righe un atleta che seguo. Ritengo sia molto interessante questo racconto che ripercorre i suoi inizi e le sue riflessioni in proposito. Ogni atleta va sempre ascoltato attentamente perchè la sua carriera è piena di insegnamenti.

Carichi eccessivi di allenamento

L’articolo sul troppo allenamento mi ha fatto ricordare i miei “esordi” sportivi, in senso assoluto, sia nella mountain bike, mia primissima disciplina praticata, sia nell’atletica che pratico da quasi 9 anni.

Anche io iniziai con un’attività molto blanda, non si poteva pretendere di piu’ da un fisico inefficiente di 92 kg, assolutamente a digiuno di qualsivoglia attività fisica.

Tuttavia, sorprendentemente, in circa sei mesi sparirono i kg di troppo (e mi sarebbe bastato) e cominciai a non rimanere staccato pesantemente nelle uscite domenicali con i bikers “un po’ più seri”.

Decisi anche di prendere parte a qualche raduno con l’obiettivo di rimanere nel gruppo ma visto che questo andava troppo piano mi convinsi ad esordire nel campionato regionale a circuito UISP.

Due quarti posti ed un terzo in tre gare “pedalabili”, cioè non tecniche, mi fecero credere di poter portare avanti un certo discorso e quindi l’attività blanda di cui sopra si trasformò in 7 uscite settimanali di cui 3 impegnative. Tutto ruotava intorno al discorso: piu’ mi alleno più vado forte e se vado più forte vinco…niente di piu’ sbagliato!

Stanchezza cronica, abbassamento dei valori ematici, troppo dimagrimento e mediocrità di risultati, conditi da un volo a 60 km/h dentro ad un campo, misero fine alla mia giovane carriera di biker. Sfortuna o…fortuna?

Dopo qualche mese di riposo attivo con bici e nuoto, decisi di partecipare alla corsa (a piedi) rionale di Cecina di 3,5 km senza avere mai corso (dico mai, se non alle scuole medie dove per saltare l’interrogazione andai a fare i 2000 metri in 9’…..) con l’obiettivo di non arrivare ultimo (se fossi stato ultimo mi sarei ritirato!) riuscendo a correre sul piede dei 3’30”.  Senza abbandonare del tutto nuoto e bici, iniziai a fare atletica e anche qui ci fu un avvio col …botto!

Dopo un paio di mesi di corsette (max 40’), partecipai, siamo nell’aprile 1999, ad un run-bike a staffetta in cui sostenni la frazione podistica: terminai al quarto posto ma vincemmo la gara grazie all’incredibile rimonta del biker.

Abbastanza convinto, chiesi ad un mio amico triatleta di prepararmi uno pseudo programma che mi impegnasse non piu’ di un’ora al giorno ed ecco fatto, mi sarei allenato “quasi” a modo.

Ricordo allenamenti di sole ripetute, stile nuoto, dai 50 metri sino a 1000 metri massimo, con lunghissimi di 10 km, che scorciavo regolarmente a 7-8…

Eccomi a fine giugno, quando mi giunge la voce che a Camaiore c’è un 1500 del Fidal Estate (..che roba è ??): mi faccio iscrivere da amatore e vado a correre la mia seconda gara su pista (la prima i famosi 2000 metri delle medie, circa 12 anni prima).

Risultato, 4’00”9, “è buono ?” chiesi…senza ottenere risposta. Qualcuno mi disse anche che ero passato in 2’35 ai 1000, ma forse si trattava di un dato ottimistico.

Comunque tralasciando i dettagli di quel che venne dopo, sempre piu’ convinto dai progressivi miglioramenti, raddoppiai sistematicamente il programma di allenamento secondo il consolidato tormentone “se con due mesi fatti così vado così allora se raddoppio vado il doppio e se vado doppiamente forte allora…”

Tutto questo, sommato col fatto che era estate, che c’era il mare e la sera si faceva tardi, fece sì che il mio stato di forma precipitò fino al punto di dovermi fermare per quasi tutto il mese di agosto, stavolta senza fare nulla, in quanto facevo fatica anche ad andare al mare in bici.

Ed anche in questo caso fu una fortuna che il segnale d’allarme arrivò relativamente presto, in modo da farmi riprendere l’attività stavolta con una gestione un po’ piu’ intelligente ed oculata.

Concludendo, ritengo questi “errori di gioventù”, nel mio caso solo sportiva e non anagrafica, come una parentesi negativa del percorso di quasi tutti gli atleti, specie se questi non sono seguiti dall’inizio, il volere “tutto e subito” è un fatto istintivo e questo istinto va in un certo modo disciplinato.

Questa esperienza può essere fruttuosa se fa imparare a gestirsi ed a crescere (in senso sportivo) progressivamente, infruttuosa ed anzi dannosa se reiterata in maniera impulsiva.

 

Andrea Capretti

Capretti con Scuro durante un allenamento in pista a Viareggio

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