La corsa campestre
di Luca Borelli
La corsa campestre di solito è un corsa che si svolge in prati o pinete e dove l’asfalto praticamente è inesistente, si svolgono principalmente d’inverno, anche se negli ultimi anni le troviamo anche in primavera inoltrata. Il periodo dell’anno comporta il confrontarsi su vari terreni che possono andare dal completamente ghiacciato al fango. A seconda del terreno può variare, anche di molto, l’impegno muscolare che comunque non è mai basso. Proprio per questo, prime parti di gara corse a ritmi troppo alti portano a grosse quantità di lattato che difficilmente si riescono a smaltire in corsa.
Sono gare che vengono svolte solitamente a giri e hanno una lunghezza che può variare dai 200 mt per le categorie giovanili fino ai 10 km per il settore assoluto. Qualche anno fa esisteva anche il cross lungo di 12 km ma ormai è una rarità.
La principale caratteristica di una campestre sono i cambi di pendenza e di direzione.
Per chi è un amatore che viene dalle corse su strada e ha cominciato a correre già da “grande” il livello è abbastanza alto, infatti in concomitanza molto spesso vengono corsi campionati di società e assoluti dove vengono portati i migliori atleti di ogni società, ma questo non deve spaventare perché sono un gran mezzo allenante da non lasciarsi scappare.
Innanzitutto abbiamo bisogno di un paio di scarpe specialistiche e cioè chiodate. Nessuno vieta di correrle con scarpe tradizionali o da trail, ma a mio avviso, andiamo a perdere una buona parte della prestazione.
A livello metabolico la campestre influisce principalmente sulla potenza aerobica, ma il maggior beneficio lo traiamo a livello meccanico. Abbiamo risvolti positivi sulla propriocettività e sulla forza.
Infatti il terreno sconnesso ed i continui cambi di direzione ci impongono a ripetuti aggiustamenti che ci insegnano a “sentire” il nostro corpo nello spazio e a variare il nostro assetto. Questo ci può tornare utile in corse ricche di saliscendi dove siamo costretti ad assecondare le pendenze variando la nostra falcata.
Per quanto riguarda la forza, madre di tutti i gesti sportivi, il terreno che è meno duro dell’asfalto e meno elastico della pista assorbe gran parte della nostra spinta a terra. Ne vengono fuori dei tempi di contatto a terra più lunghi e un maggior impegno muscolare per protrarre il gesto. Gli specialisti adattano anche la propria tecnica di corsa che si fa più rotonda e con falcate meno lunghe.
A mio avviso è un po’ come la salita, ma col vantaggio di non stravolgere la falcata a causa della pendenza.
Le campestri sono corse dove non si guarda l’orologio ma si controlla l’avversario. L’agonismo si sente ed è molto stimolante. Le partenze solitamente sono velocissime per prendere la giusta posizione e i cambi di ritmo per staccare gli avversari non mancano.
Possiamo affrontarle senza uno specifico allenamento se vengono corse a sua volta come allenamento per le corse su strada. Se invece sono il nostro obbiettivo stagionale dobbiamo dedicarci qualche attenzione in più.
Il programma di allenamento per ben figurare in campestre non è molto differente dalla preparazione di un 10000, quindi largo a ripetute sui mille e corti veloci per la potenza aerobica, senza tralasciare allenamenti più spostati sul versante lattacido per curare la potenza e resistenza lattacida. Va comunque posto l’accento sul fatto che non correremo su asfalto, quindi farei qualche allenamento in campestre che può essere dai semplici 40’ di corsa lenta, per prendere confidenza, fino a delle vere e proprie ripetute svolte su circuito misurato e studiato per ricreare le caratteristiche principali che ritroveremo in gara.
Conclusioni:
La campestre è un buon mezzo allenante, che però va corso solo se siamo in piena efficienza fisica. In alternativa salite e collinare la sostituiscono egregiamente. A causa del terreno irregolare può essere un killer per i tendini. Le storte alle caviglie sono dietro l’angolo. Sono molto indicate per chi prepara gare su strada fino a 15 km e a chi ha una carica agonistica elevata. Dobbiamo approcciarci con serenità, ma senza sottovalutarle, partenze sconsiderate di solito vengono pagate in maniera evidente. Correre con le chiodate è utile alla propriocettività e personalmente regala una sensazione unica.
Buone corse.
Luca Borelli