Quali tasti premere per aumentare la velocità? Ragioniamo su caratteristiche fisiologiche, riferimenti lattacidi, parametri di base ed esempi sul campo di allenamento
AUMENTARE LA VELOCITÀ di corsa
di Massimo Santucci
La strada che si prefigge l’allenamento è sempre la solita e cioè quella di ottenere un miglioramento delle qualità dalle quali si parte. Il riferimento principale verte su due condizioni specifiche: la velocità e la resistenza. L’aspetto fondamentale da curare è il rispetto di questi 2 punti ben sapendo che sono legati a doppio filo.
A seconda della gara da preparare, dal periodo della programmazione in cui ci si trova, dalle caratteristiche del soggetto da allenare ecc. si dovranno scegliere le percentuali di utilizzo delle miscele allenanti.
Un errore secondo me è dividere in modo netto i vari periodi di lavoro, un maratoneta lo è tutto l’anno, stesso discorso vale per il mezzofondista e così via.
I periodi di lavoro devono essere ben distinti ed i singoli allenamenti anche, ma c’è da seguire sempre il giusto filo conduttore. Perdere alcune proprietà non allenandole per un lungo periodo porterebbe a un successivo scadimento di valori che ormai erano consolidati. La potenza aerobica del maratoneta sarà sviluppata in modo diverso rispetto a quella che svolge il corridore di distanze brevi, ma anche i lavori di forza saranno opportunamente dosati in misura diversa.
Dico questo perché talvolta si nota ancora una generalizzazione del lavoro di base, come avveniva per la vecchia preparazione invernale in cui tutti si allineavano per svolgere tanta quantità senza tener conto dei valori soggettivi, unendo atleti che miravano a gare dai contenuti opposti.
È ovvio che nella fase del periodo di costruzione si può cercare una convergenza maggiore nella stesura dei piani di allenamento fra più atleti, ma pesando con attenzione l’incidenza delle proposte.
Ho fatto questa premessa per chiarire che quando parlo di velocità, mi riferisco alla massima espressione dell’andatura relativa alla gara da preparare.
Quello che andiamo ad affrontare in questo articolo si riferisce alla possibilità di migliorare la velocità in gare di 10-15 km.
VIZI E VIRTÙ
Il podista che svolge esclusivamente attività su strada è portato a preferire la quantità rispetto alla qualità. Il tipo di fatica è diverso e sicuramente di più facile sopportazione. Non si può scambiare lo stare tanto tempo in strada a ritmo medio-lento con sforzi brevi, ma di massima intensità.
Gli impegni ad alta andatura richiedono un maggiore apporto di energia e questo può avvenire solo parzialmente in fase aerobica. Quando entra in gioco il lavoro anaerobico, si passa subito a importanti produzioni di lattato con la conseguenza di avere precocemente sensazioni di alti gradi di fatica.
Continuando a lavorare in presenza di alte quantità di lattato, il tipo di fatica si fa capillare e una miriade di percezioni negative prendono il sopravvento.
In effetti i lavori propri del mezzofondista veloce richiedono un’accettazione alla fatica molto sviluppata.
Il lato psicofisico negli specialisti delle discipline orientate alla velocità resistente ha un’importanza assoluta, se non vi è totale dedizione è difficile emergere a buoni livelli. In modo meno incidente, ma pur sempre di un certo rilievo, dovrà lavorare lo specialista delle gare di 10-15 km.
I podisti che in seguito ad un calo di motivazioni tendono ad allenarsi con la sola corsa lenta o al massimo inserendo delle variazioni in corsa, manterranno una discreta efficienza, ma sicuramente cominceranno a perdere la velocità di gara.
A parità di resistenza avranno un ritmo gara più lento. Se pur antipatici, i lavori ad intensità medio-alta sono basilari per l’ottenimento delle migliori performance.
I RIFERIMENTI DEL LATTATO
Fino ad una produzione intorno ai 3 millimoli di lattato e cioè ad un’andatura che all’incirca coincide con la velocità di gara a cui un corridore corre la mezza maratona, non vi è uno spiccato lavoro di origine veloce. Da quel punto in avanti si comincia ad apprezzare uno stimolo interessante per il coinvolgimento dei meccanismi di tipo veloce.
Diciamo che dai 3 ai 6 millimoli di lattato x l, si ha una fascia di lavoro di importanza vitale per il corridore che stiamo valutando in questo articolo. In particolare si ha un tipo di impegno mirato quando si sollecitano i valori di soglia anaerobica, impostando ritmi che vanno da essa (convenzionalmente 4 millimoli) fino alle intensità prossime al massimo consumo di ossigeno (in genere intorno ai 6 millimoli).
Oltre tali limiti si sconfina in lavori tipici del mezzofondista veloce e quindi è bene non esagerare con l’impiego eccessivo di lavori che implichino picchi lattacidi.
Comunque è utile anche utilizzare alte velocità, magari in allenamenti costituiti da ripetute brevi senza affrontare training in cui il muscolo deve abituarsi a lavorare in condizioni critiche per l’accumulo di alti tassi di lattato.
In pratica bisogna pur sempre sviluppare qualcosa che non si discosti in maniera netta dai meccanismi che poi si attiveranno in gara.
Inutile lavorare con produzioni massime di lattato, livelli che poi in gare di 30’-50’ non si toccheranno mai.
La velocità intesa come gesto per poter sprigionare le caratteristiche biomeccaniche è invece un mezzo da utilizzare. Questo è da curare inserendo esercitazioni che in genere si sviluppano nell’ordine massimo di 100 metri.
Ciò può avvenire attraverso l’effettuazione di allunghi, diagonali, slalom e una serie di andature consone all’atleta in questione.
GAMBE LIBERE
Il fondista è portato a comprimere i recuperi o a velocizzarli. Nella fase in cui si cura l’aspetto veloce bisogna mettere da parte l’eccessiva finalizzazione del lato resistente dell’allenamento.In sostanza la prerogativa è la necessità di avere gambe libere e brillanti per poter usare benzina super, questo a costo di allungare le pause fra le prove frazionate.
Ad esempio i tempi di recupero fra i 1000m che di solito in un fondista vanno da 1 a 3’ si possono portare a 5-6’.
Oltre non andrei perché si tratterebbe di un lavoro troppo dissimile dagli obbiettivi ai quali il runner sta puntando.
Come si evidenziava prima: curare aspetti non specifici nel rispetto del fine da perseguire.
La somma delle esercitazioni parallele al lavoro fondamentale daranno risultati eccellenti.
A parità di capacità l’atleta che ha svolto una preparazione attenta e completa incorrerà in meno rischi di ogni genere e potrà esplicare appieno il proprio potenziale.
E SUL CAMPO…
Prendiamo in esame una tipologia di allenamento per farci alcune riflessioni:
– 10 x 500m recupero 1’ in souplesse
Un training lineare che porta a buone produzioni di lattato, recuperate solo parzialmente nella fase di recupero. La velocità di sviluppo sarà un po’ più elevata rispetto ai valori di soglia anaerobica. Questo porta ad un adattamento verso una velocità migliore a parità di lattato prodotto.
In certe fasi della preparazione può essere utile aumentare il recupero e svolgere le prove a ritmo maggiore o accorciare qualche prova. Esempio; – 6 x 500m rec. 2’ + 5 x 400m rec. 1’30”
In questo modo si ottengono sempre 5 km di lavoro totale specifico avendo gambe più libere in seguito ad un recupero maggiore e dall’esecuzione di prove più brevi. Si può in questa proposta osare qualcosa di più sul ritmo delle prove. Il recupero fra le serie può arrivare ad un massimo di 5’.
La divisione in più serie a scalare è un’altra carta da considerare:
– 3 x 500m rec. 2’ + 5 x 400m rec. 1’30” + 5 x 300m rec. 1’. Il recupero fra le serie è di 5’.
Siamo sempre su un totale di 5 km come sviluppo totale, ma c’è più respiro nella proposta. I due recuperi di 5’ permettono di resettare le fibre muscolari e le prove a scendere aiutano una miglior efficienza anche nella parte finale dell’allenamento.
Per finire vediamo un lavoro piramidale:
– 200m + 400m + 600m + 800m + 1000m + 800m + 600m + 400m + 200m
Una proposta di recupero potrebbe essere:
1’, 1’30”, 2’, 2’30”, 3’, 2’30”, 2’, 1’30”.
Ancora 5 km per un lavoro delicato da svolgere. Il continuo cambio di distanza richiede una buona sensibilità sui ritmi e un giusto dosaggio delle forze per poter finire l’allenamento ancora in piena spinta.
Ricordiamoci che l’atleta forte è quello che ha reattività, forza, elasticità. I corridori spenti a terra, anche se hanno buone prestazioni sicuramente rendono meno di quello che è nelle proprie capacità. Un vero atleta lo deve essere a tutto tondo, allenare l’organismo all’80% darà un atleta sfruttato all’80%.
Per esprimere appieno il potenziale non si devono trascurare gli aspetti fondamentali della programmazione, anche se il tempo a disposizione è limitato.
Mi ripeto: allenarsi richiede impegno e fatica, facciamo fruttare al massimo l’impegno profuso.
TOGLIERE UN PO’ DI RUGGINE
Per aiutare l’esecuzione del gesto in modo rapido e fluido è indispensabile assecondare esercitazioni parallele alla corsa. Oltre a dello stretching, anche poco, ma ben fatto bisogna sviluppare le qualità che danno “vivacità” alla tecnica di corsa.
Senza affrontare sedute di tecnica che risultino noiose e spesso lasciano residui importanti, è sufficiente limitarsi all’esecuzione di andature che riprendono il gesto della corsa in modo spontaneo, naturale.
È utilissimo inserire tutta la gestualità spontanea che un corridore sente. Ad esempio correre su sentieri veloci in leggera discesa con continui cambi di direzione, è solo una piccola idea nel mare della fantasia.
Pubblicato su Podismo e Atletica