Il mezzofondo: analizziamo Sebastian Coe

Scopriamo il mezzofondo attraverso la classe cristallina di Seb Coe

Il mezzofondo: analizziamo Sebastian Coe

di Massimo Santucci

Per eccellere nelle distanze del mezzofondo bisogna essere “corridori completi”. Correre ad alta intensità distanze dagli 800 ai 5000 metri presuppone capacità quali velocità e resistenza passando per quel mare aperto rappresentato dalle produzioni lattacide.

Velocità, ritmo e testa: questo è il mezzofondo. Gareggiare su quelle distanze è come stare sull’orlo di un precipizio e non cadere, bensì avere piena padronanza in un campo dove la fatica intossica i muscoli e la volontà.

Da non trascurare i benefici che apportano determinati allenamenti in funzione distanze di media resistenza.

La storia di Sebastian Coe

Per spiegare la sintesi di velocità unita a resistenza è necessario narrare cosa è stato Sebastian Coe, nato nel Regno Unito a Chiswick, il 29 settembre 1956.

Egli è stato un atleta formidabile, leggerezza e sostanza, alto 176 cm per 58 kg di peso.

Vediamo i suoi personali per capire meglio il suo valore nelle varie distanze:

  • 400 metri 46″87

  • 800 metri 1’41″73

  • 1000 metri 2’12″18

  • 1500 metri 3’29″77

  • Miglio 3’47″33

  • 2000 metri 4’58″84

  • 3000 metri 7’54″32 (indoor)

  • 5000 metri 14’06″0

Non inganni il tempo sui 5000 metri, è una specialità che non ha mai preparato e comunque nella modestia del tempo per un campione di tale portata si parla di un ritmo di 2’49” al km, questo per dire che per preparare al meglio 800 e 1500 metri occorre avere anche ritmo resistente.

Coe ha vinto 2 medaglie d’oro olimpiche sempre nei 1500 metri piani, a Mosca nel 1980 e a Los Angeles nel 1984; anche se la massima espressione di se è stata negli 800 metri.

Il fortissimo mezzofondista inglese ha vinto quattro medaglie olimpiche ed ha stabilito otto volte il record del mondo in gare di mezzofondo. La sua rivalità con i connazionali Steve Ovett e Steve Cram infiammò gli amanti del mezzofondo e dell’atletica in genere. Allenatore era il padre, Peter Coe, una persona metodica, preparata e meticolosa. In genere i rapporti fra padre e figlio non sono semplici sul campo di allenamento, ma in questo caso la riuscita è stata massima. Nel 1979 Coe siglò i suoi primi record mondiali.

All’Olimpiade del 1980 Coe venne sconfitto negli 800 metri dove partiva con i favori del pronostico da Ovette, ma pochi giorni dopo accadde il contrario, Coe vinse i 1500 metri che vedevano favorito proprio Ovette. Ognuno era andato a vincere “la distanza prediletta dall’altro”.

Nel 1981 Coe scrisse a Firenze una pagina indimenticabile del mezzofondo mondiale: stabilì il record del mondo degli 800 metri con il tempo di 1’41″73. Tempo cronometrico da stropicciarsi gli occhi, 4 frazioni di 200 metri consecutivi al passo di 25” e qualche centesimo, un’impresa che sembrava prematura per quei tempi, ma Seb stupì il mondo.

Sono dovuti passare 16 lunghi anni prima che un certo Wilson Kipketer (il keniano-danese dal passo di gatto), riuscì a ritoccarlo. Coe nel 1981 migliorò ad Oslo anche il record del mondo dei 1000 metri con il tempo di 2’12″18.

I carichi

Sebastian Coe credeva molto nei duri carichi di allenamento e quindi non si è mai tirato indietro per diventare il numero 1 al mondo del mezzofondo veloce. Ha lavorato tantissimo sull’aspetto muscolare per assecondare le sue innate qualità veloci. La sua agilità lo aiutava a rimanere veloce anche in presenza di alte insorgenze lattacide. Il padre impostava le andature di allenamento in base ai personali supposti al momento nelle varie distanze. Il suo piano di lavoro prevedeva 3 fasi principali: resistenza con uscite lunghe, efficienza muscolare in palestra e frazionati gara.

Sappiamo di allenamenti svolti su strada a velocità che hanno del sensazionale tipo:

  • 5×800 metri alla media di 1’50”, con punte anche di 1’48” (velocità corrispondente a 2’15” al km!) recuperati 3’

Nonostante preparasse gli 800 ed i 1500 metri, il fuoriclasse inglese aveva una costruzione organica fuori dal comune. Nel 1980 si presentò a correre la Scarpa d’Oro di Vigevano, 7,2 km su percorso non facile e vinse nettamente contro gente del calibro di Alberto Cova e Marco Marchei. Quella prestazione lasciò gli esperti di ghiaccio: un ottocentista che dominava su un percorso “lungo” e che richiedeva un forte impegno muscolare per i saliscendi del circuito ed il fondo irregolare. Tornò a Vigevano nel 1983 per fare il bis ai danni dell’emergente Bordin.

Una settimana di allenamenti

Vediamo qualche giorno di lavoro svolto poco prima di attaccare il mondiale del miglio il 28 agosto 1981 a Bruxelles:
– venerdì: riscaldamento + 5×800 sotto i 2′ con 90” di recupero tra le prove

– sabato: mattina, 9 miglia di cross – pomeriggio, 4×300 in 36”5 con 2′ di recupero tra le prove- domenica: mattina, 6×200 in 22”5 circa – pomeriggio: 10×100 metri veloci- lunedì: mattina 10 miglia su strada- martedì: mattina, 15×200 in 28″ con 30” di recupero tra le prove – pomeriggio, 9 miglia cross- mercoledì: mattina, 5 miglia di fondo veloce – pomeriggio, 10 sprint in salita + 4 miglia- giovedì: riposo e viaggio a Bruxelles- venerdì: mattina, 25′ di riscaldamento + allunghi – Sera record mondiale 3’47”33

Sentiamo cosa racconta il tecnico Renato Canova:
“Voglio solo ricordare due giorni di Coe al centro CONI di Tirrenia nel 1989 (insieme al suo amico Wirz, detentore del record svizzero dei 1500 m): il primo giorno ho personalmente seguito entrambi gli atleti per 30 km su strada (guidando il furgoncino del Centro), a un ritmo di 3’40”-3’20” al km. Il secondo giorno essi eseguirono una fantastica seduta in palestra di 2 ore di durata senza alcun periodo di riposo usando circuiti e esercizi che coinvolgevano tutto il corpo”.

Il rivale Ovett

Il suo grande rivale, Steve Ovett disse di lui a fine carriera: “Seb è stato un atleta migliore di me, con un talento naturale superiore al mio”.

I due si sono scontrati molte volte senza mai risparmiarsi. Ovett era un tipo al limite dell’educazione, sbrigativo, quasi irriverente. Coe invece aveva modi misurati, eleganti. In loro c’erano tutti gli elementi per spaccare i tifosi. Il popolo londinese si esaltava di ciò e l’arrivo di Steve Cram, di loro più giovane, fece del Regno Unito in quegli anni, il Paese nettamente più forte al mondo nel mezzofondo. Oggi sono amici, ma per anni Ovett fu per Seb una ricorrente ossessione. Ecco l’aneddoto che lo dimostra: il giorno di Natale del ’79, dopo un eccellente allenamento al mattino, Coe entrò in una specie di crescente paranoia. «Non capivo che cosa mi stesse accadendo. All’improvviso, mi venne un pensiero: ero sicuro che lui, quel giorno, avrebbe fatto anche un secondo allenamento. Allora rimisi le scarpette e corsi nella neve per altri otto chilometri». Molti anni dopo, Coe incontrò Ovett ad una festa e gli raccontò l’episodio. L’altro rise: «Mio Dio, Seb, hai davvero fatto due allenamenti il giorno di Natale?». In questo episodio c’è la dimostrazione che non si diventa Coe per caso.

Lo stile, la tenacia

«Facevo sempre due allenamenti al giorno, non esistevano feste. Il successo? Talento e ossessione». Aveva un modo di correre senza troppi tatticismi. Amava il ritmo alto per cuocere tutti per poi piegarli con la sua volata superlativa. Solo Ovett era in grado di mettergli pensieri in testa. “Se dovessi mostrare a un giovane atleta come non si corrono gli 800 metri, gli farei vedere il video della mia gara a Mosca». Dopo aver letto queste parole di Seb, sono andato a rivedere il filmato più volte, per capire, per analizzare gli errori. In effetti fu un Coe timoroso che ebbe paura di spendere troppo in avvio e nel finale quando aprì il gas Ovett se ne era andato concreto ed imprendibile. Questo scrisse il «Times» a proposito di quella gara: “Sulla pista di Mosca non c’era il vero Coe, ma un cervo spaventato”.

Il Meeting di Viareggio

I miei occhi ancora bambini videro correre Sebastian Coe in una sera di agosto. Il campione olimpico era stato invitato all’importante (in quegli anni) Meeting di Viareggio. Coe corse un 800 metri che ancora mi regala i brividi al pensiero. Non c’era bisogno di volare per vincere quella gara, ma deliziò gli appassionati accorsi a vederlo perchè la sua falcata era un compasso che si apriva ritmico e perfetto. 20000 persone in piedi a cingere lo stadio. La sua vittoria, il giro d’onore, tutti impazziti per lui. Tutti ad applaudire con la meraviglia negli occhi.

Analisi tecnica

Abbiamo parlato di Coe perchè la sua carriera esprime bene i concetti, anche stilistici, che richiede il mezzofondo veloce. Osservando Coe si nota come possegga forza per creare velocità, un’elasticità che ha margini di dispersione quasi nulli ed una postura vagamente impettita, ma che in realtà gli regala un baricentro ideale per spostare a terra gli impulsi. Sembra quasi che si scontri e si inarchi nel vento, ma riesce in realtà ad entrare dentro la spinta in modo dinamico. La cosa che più mi impressiona è il suo scappar via da terra. Sembra che il piede arrivi a toccare improvviso, graffia con dolcezza in un tempo impalpabile e scappa via. Una volta a terra crea velocità con costi ridotti, non da velocista per intenderci. Il piede fugge rapidissimo per tornare un attimo dopo a rifornire l’azione di velocità.

Tutto ciò è il massimo della semplicità, tutto ciò è riuscito a Coe e pochi altri.

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