Vi sarà capitato di trovarvi a correre in pianura con sorprendente velocità dopo aver affrontato delle dure salite o magari dopo aver eseguito gli sprint in salita ripida.
Forse avrete notato che all’uscita da una corsa sulla spiaggia o comunque da un terreno sabbioso o campestre quanto diventi redditizia l’azione su asfalto o in pista.
Questo significa sicuramente non tanto un aumento di forza creato solo in pochi km di allenamento, ma un chiaro sintomo di cosa saremmo capaci di fare aumentando la forza impressa a terra.
Questo concetto tuttavia contrasta con la filosofia del fondista che deve senz’altro limitare l’impiego di forza per non disperdere energie.

Forza ed economia
Il podista deve ricercare un buon quantitativo di forza (resistente) che serva a garantirgli efficienza meccanica per l’intera gara e per supportare al meglio l’azione di spinta.
Ciò non significa diventare dispendiosi, solamente più veloci a parità di consumi.
Importante è sviluppare la forza con metodi consoni e quelli migliori sono senz’altro attraverso l’azione diretta di corsa.
Ad esempio gli squat, i balzi, i salti con pesi, solo per citare qualche esercitazione, sono tecniche che aiutano a livello generale, ma non specifico (in relazione al gesto prettamente podistico).
Sono metodiche, e parlo sempre in riferimento al fondista, che aiutano a mantenere efficienza muscolare utile a “reggere” al meglio i carichi attuati, ma non vanno ad interagire direttamente con l’incremento dei ritmi gara.
Ciò potrebbe avvenire se tali mezzi venissero legati in successione a lavori che aiutino a coordinare il quid muscolare in forza semi-veloce.
Questo però è un tema che riguarda l’allenamento di tipo evoluto consigliato a corridori che producono un carico settimanale di oltre 100 km. Ci sono comunque sedute a carico modesto che riescono a fissare in modo sufficiente la “forza ritmica”.
Gli essenziali
In genere si cura in maniera accentuata la forza nel periodo invernale.
Quello è senza dubbio un periodo favorevole per ottenere tale condizionamento per molti motivi, ma non va poi assolutamente dimenticata durante tutto l’anno avendo l’accuratezza di fare periodicamente microcicli di richiamo.
Gli allenamenti base sono le sedute di corsa lenta su percorsi “muscolari” come collina, montagna, campestre, spiaggia.

Sessioni più specifiche riguardano l’esecuzione di ripetute, medi e progressivi sempre su tali tracciati, ma non necessariamente.
Alcune idee
Proposta 1)
Dopo una buona fase di riscaldamento, eseguire 3 o 4 volte i 2000 metri con il primo km in salita a pendenza media ed il secondo km in piano, sul mosso o in leggera discesa (questo è ovviamente da scegliere anche in base alle soluzioni che ci offrono le nostre zone di allenamento).
Le prove vanno corse a velocità sostenuta, nel tratto in salita si “riempiono” le gambe e dopo, trovando nel secondo km assenza di salita, si deve cercare di esprimere velocità nonostante la massiccia presenza di lattato nelle fibre.
Il recupero va fatto al contrario, tornando indietro per 2 km, quindi c’è uno spazio di recupero piuttosto lungo (utile per garantire una nuova prova con sufficiente freschezza) ma attivo.
Questa sessione regala forza, potenza aerobica, resistenza generale e allenamento “per la testa”.
Proposta 2)
Cercare un percorso vallonato, cioè ricco di un alternarsi di salite e discese, meglio se di lunghezza e altimetria diversa.
Compiervi sopra ripetute di 1000/2000 metri a ritmo intenso.
Il continuo cambio di pendenze costringe alla modulazione continua della forza.
Si passa da aggredire la salita a distendere la falcata nella fase veloce in discesa.
Utilizzando un compasso ampio nella fase di salita, non consigliato in gare resistenti, si può spostare la seduta verso un maggior affaticamento e quindi adattamento muscolare.
Le prove vanno eseguite veloci e la fase di recupero deve essere grande quanto basta per recuperare energie per la nuova “fucilata”.
Il volume della fase veloce dev’essere di minimo 5 km, ma quando c’è una buona costruzione alle spalle è utile arrivare fino a 10/12 km.
Proposta 3)
Come già avevo accennato in un recente articolo, i cavalcavia dovrebbero accenderci la fantasia.
La loro conformazione ci può aiutare a concepire vari tipi di splendidi allenamenti.
Uno che fa al caso nostro in relazione al tema che stiamo trattando, è quello di correre a forte velocità un cavalcavia e farlo seguire da 300/500 metri in pianura a ritmo medio o veloce a seconda delle priorità della seduta.
In sostanza si corre un tratto di circa 800 metri (cavalcavia + tratto a seguire) con salita, discesa, pianura e quindi si passa da condizioni molto diverse nello spazio di poco tempo.
Tutto questo regala ottimi adattamenti sia sul versante muscolare, sia su quello a parziale debito lattacido.
In questa seduta possiamo tenere un occhio attento sulla tecnica di corsa cercando massima rapidità in salita, velocità in discesa e ritmica in piano.
Tirando le somme
La corsa è il sunto di mille qualità che di solito semplifichiamo in pochi concetti.
Potersi avvalere di varie tipologie di allenamento permette al corridore di essere sempre più preparato e quindi di toccare ogni rivolo sommerso.
Variare in modo corretto (senza fare quindi unioni di mezzi senza logica) aggiunge valore alle nostre prestazioni e, da non sottovalutare, rende l’allenamento
Di Massimo Santucci – Pubblicato sulla rivista Runners e Benessere

