
La gazzetta di Clara ep. 25
La gara? Dare tutto, arrivare distrutta.
Da piccola correvo sempre. Quando penso alle mie giornate estive, mi vedo in un prato o sul sentiero di una montagna a saltellare da una parte all’altra. Quando ero in città invece, una delle cose che più mi divertiva era fare a gara con gli autobus. Mi è sempre piaciuto fare degli scatti, muovermi senza meta e senza schema. Giocando a tennis tavolo i passi laterali e la resistenza erano fondamentali e talvolta come riscaldamento facevo una corsetta con il mio gruppo di allenamento. Alle scuole medie, iniziai per gioco a partecipare alle corse campestri.
A quei tempi amavo la “Campestre di Natale” che si teneva tutti gli anni. Il percorso era nel giardinetto davanti all’ingresso della scuola e come premio c’era il pandoro Bauli. Ricordo ancora il cronometro nero con uno dei primi schermi digitali che la mia austera insegnante di educazione fisica delle medie teneva sempre in mano come se fosse uno scettro. Durante quelle due ore alla settimana la professoressa Zambelli ci faceva provare il percorso della gara che era valida per la qualificazione alle campestri regionali. Vivevo emotivamente quei test come se fossero stati i Campionati Italiani. Ricordo ancora i miei pantaloncini rossi, la maglietta bianca di cotone e le prime scarpe arancioni e nere. Ricordo ancora l’euforia prima della partenza e la concentrazione durante la gara. Appena iniziava una discesa mi lasciavo andare, guardavo concentrata la persona davanti a me con la convinzione che in salita l’avrei superata.
Un solo pensiero: dare tutto, arrivare distrutta.
Clara
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