
La gazzetta di Clara ep. 26
“Ma tu corri?”
“Dare tutto e arrivare distrutta”: Questo pensiero istintivo, generoso e lontano da qualsiasi tipo di riflessione mi accompagnò anche a Cagnes-sur-Mer. Lì si tenne una di quelle gare che rimangono indelebili sulla mia pelle.
Una volta vinta la gara del pandoro Bauli partecipai a una gara regionale il cui percorso non era solo più su asfalto ma su terra e prato. La cosa che più amavo di quelle gare era quando pioveva e finivo la corsa con il corpo pieno di fango. Alle medie non mi allenavo per le gare che facevo. Eppure alle gare scolastiche non mancavo mai. Quella volta mi qualificai per un’ulteriore gara che si sarebbe svolta in Francia a Cagnes-sur-Mer.
Un buio mercoledì mattina mamma mi accompagnò all’imbocco dell’autostrada di Genova Est dove un pullman da 40 posti aspettava la scolaresca. Il viaggio durò circa tre ore ma volò grazie all’eccitazione pre gara. Arrivati a destinazione realizzai che avrei corso in un ippodromo. Solo allora capii che quel campo era esclusivamente coperto da una terra morbida mista a sabbia che a camminarci sopra si sprofondava. Nel mezzo di quell’arena gigantesca sentivo tante persone parlare lingue a me sconosciute e mi sentivo perduta come uno di quei minuscoli granellini nascosti in quel terreno infido e insidioso. Arrivai alla linea di partenza con qualche livido, procuratomi per cercare di acquistare una posizione nelle prime file. Ricordo le urla, la confusione e uno sparo. I corpi di centinaia di bambine intorno a me iniziarono a sfrecciare come palle di fuoco e a sollevare una nuvola di polvere, quasi volessero scomparire al suo interno. Le urla francesi rimbombavano nella mia testa, le curve secche e improvvise provavano a spezzare il nostro ritmo. Le mie gambe erano agili e reattive. Senza neanche rendermene conto mi trovai nel gruppo di tensa con altre due ragazze.

Una ragazza con gli occhiali, i codini e i capelli castani provò a staccarsi e io la seguii. Girammo a sinistra, poi a destra per entrare nel rettilineo finale. La affiancai e improvvisamente iniziai a sentire altre gomitate sulle mie braccia gracili e secche. Inizialmente fui spaesata, poi restituii colpi e corsi con tutte le mie forze. Negli ultimi metri il mio sguardo si annebbiò e, traguardata la linea di arrivo, mi piegai su me stessa dando l’anima. Non so cosa successe negli attimi a seguire. Qualche minuto dopo venni raccolta dalla mia professoressa e portata sui gradoni. Il suo sguardo luccicava per la sorpresa e la preoccupazione al tempo stesso. Mi porse uno zuccherino e iniziai a intravedere tante persone intorno a me. Le loro facce erano stupefatte. Una mi fissò a lungo e poi chiese: “Ma tu corri?”
Clara
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