Il triangolo si

Il triangolo:
un mezzo utile e divertente

Il triangolo si

di Massimo Santucci

Una forma di allenamento sempre più in uso è quella del triangolo. Si tratta di ottenere la figura geometrica correndo i 3 lati con pendenze diverse. Le interpretazioni sono varie, cerchiamo di vedere in generale cosa significa.

Parliamo, in sostanza, di riprodurre in strada una sequenza di salita, discesa e pianura.

La lunghezza di questo circuito è in genere breve. Va ripetuto più volte in modo da creare una continua alternanza di pendenze. Può anche essere un percorso lineare senza inanellare giri per chi ha la fortuna di avere nelle sue zone un tracciato idoneo.

La finalità può essere molteplice, ma l’origine di questo mezzo è dettato dalla ricerca dell’acquisizione di forza. Ognuno ha i suoi terreni ed i suoi obiettivi, ma è un mezzo di sicuro interesse per tutti i mezzofondisti e fondisti (ma anche per i velocisti).

Era solito proporlo negli anni ’60 il tecnico Percy Cerutti ai suoi mezzofondisti. La seduta prevedeva di correre in triangolo tra le dune di sabbia nella zona costiera di Brisbane. Anche i nostri tecnici, Dotti ed Endrizzi, hanno usato lo stesso metodo, ma con ampie modificazioni.

Chi non ha tratti di salita può trovare aiuto in un cavalcavia, da compiere andata e ritorno, prolungando la fase “bassa” con un tratto di pianura.

Nelle categorie giovanili si fa un largo uso di questo mezzo per differenziare le esercitazioni a favore della forza.

Un mezzo generale e specifico

Mantenendo il solito livello di impegno durante la seduta del circuito a triangolo, abbiamo già numerosi condizionamenti in quanto ci sarà un variegato uso della forza, di utilizzo delle fibre e un diverso uso dei gruppi muscolari. Basta correre una semplice seduta di fondo lento sul “triangolo” per rilevare un lavoro allenante.

È altresì ovvio che la velocità di esecuzione interviene in modo diretto sulla finalità della seduta, così come l’uso di ampiezza-frequenza nell’azione di corsa. Oltre a questi aspetti altri elementi concorrono a dare specificità alla seduta, quali lunghezza dei “3 lati del triangolo” e grado di pendenza.

È possibile proporre il triangolo come fosse un circuit training modificato. Invece di utilizzare le stazioni per “fare forza” si utilizza la salita, meglio breve e ad alto indice pendenza, per poi continuare con recuperi (molto) attivi negli altri due tratti. Il vantaggio che ci offre il triangolo è che possiamo fare forza con il gesto della corsa e senza interruzioni.

Inoltre, abbiamo anche la possibilità di finire con una gamba già buona senza bisogno di eventuali allunghi di “compensazione” dopo il lavoro di forza.

La seduta però può prendere altre direzioni facendola diventare foriera di importanti risvolti sul fronte energetico.

La forza muscolare

Potremmo dire che la forza non è mai abbastanza in relazione a quali siano le nostre finalità agonistiche. Questo aspetto è tenuto poco in considerazione nell’allenamento di endurance, ma non bisogna mai dimenticarci di questo condizionamento, poiché anche nelle specialità lunghe è importante garantire livelli di forza nel tempo. La forza resistente è importante per chi pratica il mezzofondo ed il fondo fino alla maratona.

A questo riguardo è utile ricordare la definizione di forza resistente data da Reiss: “E’ la capacità di effettuare per tempi prolungati azioni propulsive di elevata stabilità dei singoli cicli di movimento, il tutto anche in condizioni di affaticamento…”.

Un muscolo senza più forza innesca una non corretta azione di corsa che si fa di colpo pesante e dispendiosa con il risultato di bruciare nel giro di poche centinaia di metri tutta l’energia residua.

Forza e velocità

Come ben spiegato negli studi di Nicola Silvaggi e Domenico Di Molfetta, il sistema che produce forza e velocità è definito sistema neuromuscolare.

Esso è composto dal sistema nervoso, definito anche sistema neurale, e dalla parte muscolare o sistema miogeno.

Il muscolo si contrae e produce movimento in quanto viene eccitato da uno stimolo che parte dall’area motoria del cervello e si trasmette attraverso il midollo spinale, da qui attraverso un motoneurone arriva sulle fibre muscolari.

I 3 fattori che regolano principalmente la capacità di produrre forza e velocità sono:

  • strutturali

  • nervosi

  • riflessi

A seconda del carico che applichiamo in allenamento inneschiamo differenti processi metabolici. Con carichi inferiori al 70%, in genere, si va a stimolare l’area resistente.

Forza e massa

E’ ampiamente dimostrato in letteratura che la massima forza muscolare nell’essere umano decresce durante il processo di invecchiamento, più marcatamente a partire dalla sesta decade, sia nell’uomo che nella donna. Secondo Renato Manno e Riccardo Di Giminiani il declino della forza sembra essere conseguenza della riduzione della massa muscolare, forse correlata a cambiamenti nel bilancio ormonale e alla diminuzione dell’intensità dell’attività fisica giornaliera.

Allenarsi per la forza ad alta intensità, implica l’innesco di meccanismi energetici che costringono il muscolo a produrre elevati picchi di lattato che vanno in controtendenza rispetto alla preparazione resistente pura. Per questo motivo bisogna sempre valutare con attenzione le proposte senza mirare solo all’aumento della forza poi non spendibile in situazione gara.

Prevenzione e prestazione

Teniamo sempre in considerazione che l’acquisizione di forza diminuisce il rischio da infortuni e migliora l’economia del gesto derivato da un miglior lavoro muscolare. La forza è considerata utilissima nelle specialità di resistenza.

Il tecnico Gigliotti la ricerca principalmente con:

  • circuit training di varia natura

  • prove in salita in forma di sprint per influenzare la velocità e la resistenza alla velocità

  • prove ripetute lunghe da 1000 a 3000 metri per lo sviluppo della potenza aerobica

  • cronoscalate da 7 a 12 km sempre per l’incremento del valore di soglia anaerobica

Da citare la riflessione di Jury Verchoshanskij, secondo il quale, nel lavoro ciclico tipico di mezzofondo e fondo la velocità di locomozione viene determinata dalla capacità dell’atleta di mantenere la potenza necessaria di lavoro per il tempo necessario. Di conseguenza per aumentare la velocità di un gesto tecnico, è necessario incrementare la potenza di lavoro esterno dell’organismo nel regime motorio corrispondente, e questo rappresenta il problema principale dell’allenamento.

Come risolverlo? Un metodo di lavoro può essere appunto quello del triangolo.

Reputo molto interessante proporre un triangolo a ritmo medio o a ritmo di corto veloce (in percorsi non in piano per modulare l’intensità d’esercizio si fa sempre riferimento alla frequenza cardiaca o alle sensazioni) per una distanza complessiva di 4/8 km, ma è secondo me molto valido creare degli step di lavoro.

Risulta di straordinaria efficacia correre il tratto in pianura a ritmo medio per poi aggredire la breve erta ad alta pendenza e lasciar correre le gambe in decontrazione su una morbida discesa. Creare un circuito di questo tipo, magari con tratto in piano di 300 metri, in salita di 150 e in discesa di 300, significa approntare un anello che darà grandi soddisfazioni. Nell’esempio evidenziato ci sono tutti gli elementi per correre un allenamento completo.

Occorre voglia di fare fatica per eseguire determinati allenamenti, ma sarà ampiamente ripagata con grandi risultati.

Pubblicato su Podismo e Atletica

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