“Smettere? Perchè non smettere?”

“Smettere? Perchè non smettere?”

La gazzetta di Clara ep. 34

Accettare il processo. Capitolo 1/3

Ricordo ancora quel dolore alla schiena e il mio fedele compagno di banco che mi aiutava a salire e scendere le scale del liceo. Quel dolore che poi mi persuase a smettere di giocare a tennis tavolo veniva da dentro. Era opprimente. Tutte le volte che andavo da un medico sentivo quella frase: “Magari il suo corpo non è fatto per questo tipo di sport. Le consiglio di smettere”. Queste parole per me erano taglienti come una lama. Arrivavo a casa ancora più dolorante di prima. Fino a che, un giorno, non cedetti completamente e smisi di giocare a tennis tavolo.

Cinque anni fa mi sembrò di rivivere lo stesso incubo seppur in un’altra disciplina. Dolori che persistevano in ogni momento della giornata e medici che saltavano da un appuntamento all’atro cercando di visitare il paziente successivo. A loro, per sbrigare la pratica in cinque minuti non restava che rimarcare la fragilità del mio corpo, troppo minuto per reggere simili sforzi così prolungati. La loro conclusione era sempre la stessa: “Le consiglio di smettere”.

Così per qualche istante quella frase entrava nella mia testa: “Smettere? Perché non smettere?”. Questa volta però la fatidica frase entrava e usciva subito dalla mia testa come un soffio di vento, espulsa come un corpo estraneo. In quel momento la risposta alla domanda “Perché faccio questo sport?” era molto più forte e respingeva tutto il resto. Di conseguenza, altre domande si alimentavano dentro di me: “Che muscolatura devo rinforzare? Che muscoli devo allungare? Devo modificare la mia alimentazione o qualcosa nelle fasi di riposo? Ho una vita quotidiana che mi rende felice e trasmette gioia ed energia?” Trovare le risposte a queste domande e altre ancora, piuttosto che indurmi a mollare la presa mi hanno aiutata a cercare altre figure professionali e soluzioni.

Non sono l’unica persona che si trova a confronto con commenti che inducono la persona a pensare che il proprio corpo sia fragile e inadeguato. Ad un certo punto smisi di sentire il dolore che aumentava e si diffondeva in tutto il corpo. Il dolore si fermò e iniziò a parlarmi. Rimaneva confinato, ogni volta in un punto ben definito e iniziò a suggerirmi quali altre strade intraprendere per curarlo. Alcune non le ho ancora trovate e le sto ancora cercando. 

Se allora mi chiedo “quante volte ho smesso di praticare il tennis tavolo” la risposta è “tante volte”, fino a quando poi ho smesso davvero. Se mi domando “quante volte ho smesso di smettere a correre?” la risposta è nessuna. Sono sempre state altre voci a proporlo ma io ormai avevo imparato sentirmi più forte di quelle parole proferite senza coscienza e conoscenza e a farmele scivolare addosso. La forza di reagire, di non bere l’acqua degli altri e di cercare la propria via mi hanno aiutata ad ascoltare in modo diverso i segnali del mio corpo e ad andare dritta, correndo, per la mia strada. 

Cambiare determinati pensieri è propedeutico a modificare i propri comportamenti e imparare a reagire positivamente alle situazioni avverse che, volenti o nolenti, siamo destinati ad incontrare sempre durante il nostro cammino.

Clara

Leggi anche “Accettare gli stop con calma e serenità”

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