Le variazioni di ritmo all’interno delle ripetute sono un sistema di allenamento utilizzato dai tecnici negli ultimi anni.
E’ un tipo di allenamento proposto di solito agli atleti di alto livello: leggete uno scambio di punti di vista tra allenatori.
Variazioni all’interno delle ripetute
Ciao massimo,
l’argomento di questa settimana potrebbe essere cosa ne pensi della possibilità di portare le variazioni di ritmo all’interno delle ripetute, anche su distanze più lunghe come propone qualche esperto sulle riviste specialistiche. La domanda che mi viene da farti è: credi che qualunque atleta , con i giusti ritmi, possa eseguire questi allenamenti evoluti?
Credi che la gradualità sia sempre la giusta chiave di lettura per proporre questi allenamenti?
Penso che la scuola da cui vengo io, credo non troppo diversa dalla tua, tra i difetti che poteva avere, ci ha dato una grande sensibilità al ritmo attraverso ripetizioni infinite e ritmi molto controllati. una grande sensibilità al senso del ritmo, da atleta ti dico sinceramente questa metodologia mi esalta, un gioco di andature affascinante. da tecnico, penso che non tutti possono correre con utilità questi lavori.
A te le risposte. grazie per la tua disponibilità, un abbraccio a presto
Alberto Azzarini
Ciao Alberto,
mi piace molto diversificare gli allenamenti in modo da renderli più digeribili agli atleti. Anche se poi alla fine la sostanza rimane pressoché la solita, almeno trovano l’allenamento più divertente e meno pesante.
Il problema però riguarda certi tipi di allenamento che non sono semplici da eseguire come tu giustamente dici.
In linea di massima direi che le variazioni di ritmo all’interno delle ripetute potrebbero essere utili non a tutti, ma ad una bella schiera di podisti, il problema però è che l’atleta poco esperto o poco sensibile fa una gran confusione.
Cerco sempre di tagliare un allenamento in base alle caratteristiche di ognuno e mi accorgo che questo tipo di sedute le propongo solo a chi mi da garanzie di saperle correre, altrimenti si butta via un allenamento.
Credo in queste sessioni perchè il cambio di fibre e carburante durante l’esecuzione permettono di raggiungere adattamenti di un certo pregio.
Il lavoro di Baldini in proiezione di Atene, con lavori di resistenza alla potenza hanno pagato, ma se le avesse eseguite un altro tipo di maratoneta di estrazione solo resistente, credo che avrebbe fatto solamente dei danni.
Chiudendo ti posso dire che sono allenamenti che mi piacciono molto, ma vanno inseriti secondo me solo se è già ben sviluppato nel corridore il fronte della potenza aerobica, altrimenti si va ad evolvere un allenamento dove la base è ancora fragile.
A prestoMassimo Santucci
Ciao massimo,
sono d’accordo con le tue considerazioni. Mi chiedevo solo perchè secondo te un maratoneta resistente trae pochi vantaggi da questi tipi di lavori? E se si cosa gli facciamo fare, per migliorare o comunque adattarsi meglio alle variazioni di ritmo?
Ci sono caratteristiche precise che vanno rispettate, ma non credi che stimolare meccanismi non naturali di corsa, esempio un corridore con caratteristiche di progressione allenarlo sulle variazioni. piuttosto che un atleta che predilige le variazioni farlo lavorare su ritmi continui e regolari?
Grazie per l’attenzione a presto massimo
Alberto Azzarini
Ciao Alberto, per farti un esempio..se ricordi Bordin lavorava tanto sulle quantità e poco sui ritmi veloci. Inseriva ad esempio dopo tanti km di corsa a 3’40” un fartlek di 12 km chiuso in 36′! Fartlek di 1′ o a sensazione senza incatenare il ritmo in prove di lunghezza precisa. Dose settimanale 280 km fino all’eccesso di 320 km in un ritiro in Svezia. Baldini 210 km max 240 km, ma lavori più veloci perchè li sopporta meglio. Gigliotti in convegno diceva questo, se Bordin avesse lavorato in qualità come Baldini le sue fibre non recuperavano…se Baldini avesse lavorato come Bordin non avrebbe recuperato i lunghi…Due strade diverse per arrivare a personali simili (2h07′ e 2h08′).
Andando su un livello inferiore ad esempio ad alcuni maratoneti propongo 5×2000 a ritmo di soglia anaerobica (o quasi) recuperando 1000 al ritmo medio oppure 4×3000 all’incirca con le solite modalità. Chi è meno maratoneta o si sta formando, propongo queste prove con recupero non in corsa, ma breve 1’30” ed a volte un solo minuto.
Forme di cui parlavi prima ad esempio propongo 4×2000 con all’interno i 400 alternati o 400 alternati a 200.
Al maratoneta resistente preferisco fargli svolgere dei ritmi maratona con dei cambi di ritmo all’interno. Ad esempio dopo 10 km di ritmo maratona cominciare ad alternare i 2000 metri con velocità che si separano di non più di 20″ fino ad un totale di ritmo maratona di 24-28 km.
Quando dico trae pochi vantaggi è perchè secondo me (ma secondo la maggior parte dei testi di fisiologia) bisogna allenare soprattutto le qualità, mentre sui punti deboli bisogna cercare di migliorare, ma con esercitazioni attente e non invadenti, non si possono modificare più di tanto le caratteristiche base di ogni organismo.
Inoltre per raggiungere il personale in maratona non è importante avere in dote dei cambi di ritmo, questi servono unicamente a chi deve giocarsi la gara per le prime posizioni. L’atleta di medio e basso livello deve concentrare l’allenamento sul ritmo resistente senza perdere tempo ad allenare una “capacità lattacida resistente” togliendo spazio ad altri allenamenti vitali per il maratoneta.
Alberto prendi queste idee a titolo personale, non voglio insegnare a nessuno e prendile ovviamente a titolo generico, perchè ti giuro, ogni atleta che seguo ha una tabella diversa.
A prestoMassimo Santucci