La corsa è uno sport solitario.
Direi quasi autoreferenziale, se penso al gesto atletico fine a se stesso: c’è l’atleta che ricerca la massima concentrazione isolandosi dal resto per potersi focalizzare esclusivamente sul suo respiro, sulle sue sensazioni, sulla percezione della fatica e sul suo passo. Nel suo egoistico avanzare non pensa ad altro se non a sé.
Tuttavia la corsa è molto di più del mero gesto atletico, dell’autoreferenzialità, dell’egocentrismo; la corsa ha la grande capacità di rompere la barriera dell’io e creare legami, intrecci e rapporti speciali, improbabili alle volte quasi impossibili. Sì, perché com’è possibile che una ragazza di Rovereto, cresciuta a Quarto d’Altino e trasferitasi prima a New York e poi a Bruxelles abbia incontrato una ragazza garfagnina cresciuta a Ghivizzano, emigrata ad Alessandria, maturata a Genova e tornata a Lucca? Due vite che scorrono su due binari paralleli senza alcuna possibilità di incontro, due pianeti che non sarebbero mai entrati in collisione se non fosse intervenuta la corsa. Infatti, nelle vite così diverse delle due ragazze c’è un elemento in comune, la grande passione per la corsa, una passione vissuta allo stesso modo che non si alimenta di record e ossessione per la prestazione, ma di piccoli dettagli: sensazioni, sportività, vita all’aria aperta, viaggi e panorami.
Le due ragazze iniziano a supportarsi a distanza, una è affascinata dalle corse newyorkesi dell’altra e l’altra è sempre pronta a sostenere la prima nelle sue corse nelle diverse regioni italiane! I km aumentano, il tempo passa e questo legame invece di dissolversi si consolida; le loro chiacchiere dal semplice supporto sportivo passano anche ad affrontare temi più complessi, di vita di tutti i giorni, per poi arrivare a essere anche momenti di sfogo, di condivisione di “gioie & dolori” come dicono loro.
Le loro vite scorrono frenetiche in parti del mondo diverse, ma per chi corre km e distanze non sono affatto un problema, infatti le due ragazze, un po’ per caso, un po’ per gioco, così come la loro amicizia è iniziata, si sono ritrovate a Cortina in una fresca mattina di fine primavera con la canotta dello stesso colore e un pettorale. Quella domenica mattina tutto risuonava a festa: era la Festa della Repubblica e l’inno italiano echeggiava per le strade ampezzane ma soprattutto si festeggiava la corsa, quella che non crea rivalità ma unisce, fa nascere legami improbabili ma forti; quella che non si corre da soli ma con un fedele alleato (la “cavalleria” come dicono loro).
Lo start della “Cortina Dobbiaco” le colse quasi impreparate, sembrava impossibile che dopo tutto quel
tempo a parlare a distanza si trovassero nello stesso momento sulla stessa linea di partenza, per un attimo, nella luce magica di Cortina, si poteva quasi toccare con mano tutta la forza della corsa.
Le due ragazze hanno corso la gara da sole, ognuna al suo passo rispettando se stessa, perché la corsa è uno sport solitario, ma le due ragazze hanno condiviso la gioia all’arrivo, un bel pranzo, i racconti e le sensazioni di ciascuna, una giornata rilassante e una pizza a sera perché la corsa è sì uno sport solitario, ma ha la grande forza di creare legami.
A Marua, alle gioie e ai dolori, alla cavalleria!
Liza Bellandi
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