La giusta meccanica di corsa
di Massimo Santucci
Migliorare la meccanica di corsa significa senza dubbio abbassare i costi e ridurre gli infortuni.
Un’azione armonica, fluida, facile, aiuta l’incremento della velocità a parità di consumo energetico.
Bisogna tuttavia distinguere l’estetica, cioè l’eleganza del gesto, con l’effettiva efficacia di esso.
La bellezza non sempre si lega con la correttezza.
Capita a volte, al tecnico, di dire al proprio atleta di avere un’azione “troppo bella” e con ciò intende di notare un eccesso di spinta, un’enfasi a terra, che comporta una spesa eccessiva.
Tutto va rapportato ovviamente al tipo di andatura richiesta e parallelamente alla distanza da compiere. Per capirci: il velocista non può prescindere dalla forza, il maratoneta dall’economia.
Il ruolo del gesto è primario nell’esplicazione del potenziale e quindi l’analisi di esso è direttamente responsabile nell’ottenimento dei traguardi che sono nelle nostre corde.
Le caratteristiche innate, compresa la composizione del muscolo e le misure dei segmenti ossei, sono elementi da tenere in forte considerazione nella stesura dei piani di allenamento.
Da questo nascono deduzioni ed azioni diverse, ma che debbono essere equamente efficaci.
È nel rispetto della propria “anatomia”, che si deve passare ad ottimizzare il patrimonio personale.
Attenzione dev’essere posta sul miglioramento della fluidità che si ottiene attraverso la riduzione delle frizioni articolari.
Metodi e consigli
Per allenare con grande efficacia la meccanica di corsa, sono molto utili gli esercizi di abilità che regalano duttilità di esecuzione dinamica.
Un metodo preferito, in particolar modo dai fondisti, è quello di fondere esercizi ed allunghi per unire decontrazione ed elasticità.
Ciò si può ottenere compiendo allunghi con slalom, con cambi di direzione, ad angolo, ad intensità e compasso variabile ecc. insomma, unendo la tecnica alla gestualità della corsa, produciamo stimoli direttamente condizionanti.
Tutto questo dovrebbe essere eseguito a velocità medio alte per assimilare al meglio i concetti proposti.
Esistono inoltre molte metodiche per pulire la ruggine e creare una maggiore scorrevolezza nel passaggio a terra.
Sono proposte che rientrano nella famiglia delle andature e meritano di essere valutate.
I vari mezzi vanno scoperti e sperimentati perché non ci sono risposte standardizzate fra gli atleti.
Esistono però sistemi di valutazione funzionale che aiutano a dirimere questioni e princìpi che regolano il movimento nella sua espressione più completa del termine.
Campioni e stili
Potremmo prendere a campione molti top runner che hanno vinto con stili diversi.
Un’immagine potrebbe essere quella della finale Europea di Stoccarda ’86 con l’arrivo in volata di Mei, Cova, Antibo.
Approccio diverso e risultato supremo per tutti e tre in termini di concretezza. Cambiargli la gestualità avrebbe voluto dire snaturarli e fargli perdere qualità.
Per le volate di Gebrselassie/Tergat potremmo dire altrettanto in termini di insegnamento meccanico. Dentro quei gesti c’erano verità. Vi erano elementi molto diversi e quindi, dentro l’essenza del loro correre, c’era uno stimolo al comprendere.
L’efficienza passa attraverso la molteplicità dell’espressione motoria e della giusta messa in campo in relazione ad una corretta personalizzazione.
Naturalezza e complessità
La falcata, la rapidità, la forza, l’economia…tanti, troppi aspetti sono da valutare per venire a capo del tema e per ricondurli a conclusioni esaustive.
In un nostro articolo di qualche tempo fa, uscito proprio su questa rivista, che trattava di un campionissimo, Sebastian Coe, scrivemmo: “…abbiamo parlato di Coe perchè la sua carriera esprime bene i concetti, anche stilistici, che richiede il mezzofondo veloce.
Osservando Coe si nota come possegga forza per creare velocità, un’elasticità che ha margini di dispersione quasi nulli ed una postura vagamente impettita, ma che in realtà gli regala un baricentro ideale per spostare a terra gli impulsi. Sembra quasi che si scontri e si inarchi nel vento, ma riesce in realtà ad entrare dentro la spinta in modo dinamico. La cosa che più mi impressiona è il suo scappar via da terra. Sembra che il piede arrivi a toccare improvviso, graffia con dolcezza in un tempo impalpabile e scappa via. Una volta a terra crea velocità con costi ridotti, non da velocista per intenderci. Il piede fugge rapidissimo per tornare un attimo dopo a rifornire l’azione di velocità.
Tutto ciò è il massimo della semplicità, tutto ciò è riuscito a Coe e pochi altri….” Questa sintesi tecnica ci aiuta per spiegare la soggettività del gesto.
Tuttavia, pur non estremizzando l’analisi circa la specificità della meccanica, vorrei mostrarvi una foto per evidenziare meglio come l’incrocio delle linee rappresenti un segno di eccellenza nel proiettare il corpo verso la fase di avanzamento.
La capacità di elevazione del ginocchio, dato da un piede che spinge a molla e quindi a costo quasi nullo ed una quasi inesistente opposizione delle catene muscolari, dona velocità e naturalezza.
Le braccia che assecondano spontanee il riflesso di spinta e vanno a dare azione orizzontale al bacino, significano un baricentro ideale ed un avanzamento privo di strappi.
L’incrocio delle linee, quando interseca come nell’immagine presa a campione, regala una grandissima proprietà, che è quella di essere padroni del gesto e di conseguenza di poter sviluppare ritmica con un altissimo indice di produttività.
Sarò di parte trattando dell’amata corsa, ma quando si vede correre in questo modo, viene voglia di mettersi in movimento. Non credo sia replicabile in un altro sport questo senso di libertà che esprime il corpo umano quando corre.