
24/12/07 Giacomo Ceccarelli, nostro collaboratore, ci manda alcune righe. Sono riflessioni sull’intimità dei pensieri del corridore.
La corsa di Natale
Cominciai a correre seriamente quando, nell’ottobre del 1994, iniziai a fare canottaggio presso la società Berchielli di Viareggio. All’epoca la corsa era solo parte integrante di un allenamento, ma spesso ci allenavamo in gruppo e diventava un momento di aggregazione (non sempre questo giovava all’allenamento). In quel contesto la concentrazione era prevalentemente rivolta al miglioramento della condizione fisica e non si correva certo alla maniera di chi lo fa “tanto per tenersi in forma”; ma è impossibile comandare ai propri pensieri e così, soprattutto quando mi allenavo da solo, cominciai a vivere quella situazione in cui ciò che passa per la mente è a metà strada fra l’attenzione per l’attività fisica, il pensiero casuale e la considerazione volontaria, e tutto questo alla velocità dettata del passo (pochi secondi sembrano mille).
“Appesi i remi al chiodo”, rimasi affezionato alla corsa come attività per mantenersi allenati, forse perché ben più pratica che la palestra, e continuai a coltivare quell’abitudine che ancora oggi mi accompagna. È davvero sorprendente vedere come tutti quei passi e tutte quelle corse fatte sembrino identiche eppure di molte si riesca a trovare una particolarità per renderle uniche nella memoria. Ricordo quella in cui cantavo mentalmente la canzone sentita al concerto il giorno prima, quella in cui pensavo al compito di latino del giorno seguente, quella in cui riflettevo sul calcolo delle derivate (un argomento tecnico di matematica), quella in cui incontrai un compagno inaspettato che mi fece un breve resoconto della sua vita (comprese le avventure sulla spiaggia con le ragazze tedesche), quella in cui non riuscii a pensare quello che avrei voluto, quella in cui ero troppo stanco per arrivare alla fine e mi fermai, quella memorabile del 15 agosto 2003 insieme a un caro amico, quella…
Più ci penso e più mi convinco che la corsa, per un corridore, è come il viaggio per un esploratore: la mèta non conta, è il viaggio che ti arricchisce. E come ben sanno tutti quelli che hanno vissuto la corsa come un obbligo di allenamento prima, senza peraltro detestarla per questo, e poi si trovano a praticarla ancora per proprio piacere, devo riconoscere che non conta dove si arriva, ma quello che si prova mentre si corre. Quindi, visto che come la corsa anche il Natale invita a riflettere sulle proprie emozioni, nonché sull’anno che ci sta lasciando, auguro a tutti buone feste e felice anno nuovo, soprattutto a chi va a correre per ascoltare i propri pensieri.
Buon Natale, caro Massimo.
Un abbraccio
Giacomo

